Sono stati scritti moltissimi libri sulla Resistenza: ne abbiamo scelti 5 che vi invitiamo a leggere perché particolarmente significativi.

La Resistenza è uno di quegli argomenti che vengono trattati massivamente a livello culturale. Così abbiamo scelto 5 libri da leggere, che vi possano invogliare a vedere la questione da più punti di vista. I libri in questione sono Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino – ossia la Resistenza vissuta da un bambino cinico e disincantato – Primavera di bellezza di Beppe Fenoglio – che parla di uno studente di letteratura inglese che partecipa alla guerra, e che poi si unisce alla Resistenza dopo l’8 settembre – Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi – la storia di un uomo che viene mandato al confino in Lucania – Il conformista di Alberto Moravia – da cui è stato tratto anche un film e che narra le ossessioni e le relazioni di un uomo sullo sfondo della guerra civile, ambientato tra Italia e Francia – e infine L’Agnese va a morire di Renata Viganò – che tratta della moglie di un comunista che diventa staffetta partigiana.

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Cosa hanno in comune questi cinque romanzi? Niente, a parte la Resistenza. Prendiamo Fenoglio: lui è stato uno scrittore che ha sviscerato tantissimo l’argomento – celebre è il seguito del libro citato, cioè Il partigiano Johnny. Calvino invece non l’ha fatto, anzi ha scritto una celebre prefazione, anni dopo la pubblicazione di quello che è il suo romanzo d’esordio, che è importante per capire come la Resistenza sia stata al tempo stesso un’esperienza collettiva e individuale. È stata collettiva perché ha interessato tutti, ognuno si è scelto una parte. È stata individuale perché ognuno vi ha dato una lettura personale.

Più che come un’opera mia – scrive Calvino nelle prime pagine del suo libro – lo leggo come un libro nato anonimamente da un clima generale d’un’epoca, da una tensione morale, da un gusto letterario che era quello in cui la nostra generazione si riconosceva, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. L’esplosione letteraria di quegli anni in Italia fu, prima che un fatto d’arte, un fatto fisiologico, esistenziale, collettivo. Avevamo vissuto la guerra, e noi più giovani – che avevamo fatto in tempo a fare il partigiano – non ce ne sentivamo schiacciati, vinti, «bruciati», ma vincitori, spinti dalla carica propulsiva della battaglia appena conclusa, depositari esclusivi d’una sua eredità. Non era facile ottimismo, però, o gratuita euforia; tutt’altro: quello di cui ci sentivamo depositari era un senso della vita come qualcosa che può ricominciare da zero, un rovello problematico generale, anche una nostra capacità di vivere lo strazio e lo sbaraglio; ma l’accento che vi mettevamo era quello di una spavalda allegria. Molte cose nacquero da quel clima, e anche il piglio dei miei primi racconti e del mio primo romanzo.

È interessante il fatto che alcuni dei libri scritti sull’argomento Resistenza abbiano ispirato opere diverse da quelle letterarie. Per citare uno degli esempi forse più scontati, nel 1996, i Csi fecero uscire Linea Gotica che con la sua titletrack e l’ultima traccia Irata ripercorrono versi e narrazioni di alcuni di questi scrittori, da Fenoglio a Pier Paolo Pasolini.

Buona Liberazione a tutt*. Dato che le celebrazioni sono sospese per la quarantena, vado a esporre sul balcone uno striscione con la scritta

Oggi mi vesto di rosso e d’amore.

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