La coltivazione delle fragole ai tempi del coronvirus e le ragioni di una specificità economica e culturale: ecco Parete, città della fragola.
Ho mangiato moltissime fragole nella mia vita. Sono, insieme all’anguria e alle clementine, uno dei miei frutti preferiti. Un amico vegano crudista ne mangia a chili ogni giorno, e fa bene. Le fragole sono ricche di acqua e sostanze nutritive e contengono pochissime calorie. Ma tra tutte le fragole che ho mangiato, quelle di Parete sono speciali. Le trovate in tutta Italia, nella grande distribuzione. Se ci fate caso, guardate la provenienza sull’etichetta.
Cos’hanno queste fragole di tanto speciale? Per farvi capire, devo fare una premessa. A Parete, la coltivazione della fragola è tradizionale, ma anche innovativa. Le tantissime serre presenti consentono di poter gustare questo frutto anche fuori stagione. E quando lo mangiate, non sa di frutto fuori stagione: è dolce, corposo, pieno di sapore. È davvero un’esperienza fuori dal comune. Per non parlare del fatto che, accanto alle fragole coltivate, ci sono anche quelle selvatiche: semplicemente favolose.
Sono riuscita a trovare le fragole di Parete già lo scorso dicembre, complice una stagione invernale abbastanza calda, e vi posso assicurare che erano come ve le ho descritte. Ora siamo in piena stagione e ho cercato di comprendere il fenomeno, ma anche l’attualità sulla coltivazione. Il coronavirus ha causato non pochi problemi all’agricoltura in tutto il Belpaese. È un comparto fondamentale quello agricolo, anche perché durante il lockdown una delle cose principali che abbiamo fatto è stato mangiare. Si comprende facilmente come sia stato importante mangiare sano. Per capire, abbiamo intervistato il sindaco di Parete Vito Luigi Pellegrino, sotto la cui amministrazione Parete è diventata «città della fragola» e che è stato uno dei principali artefici del Museo della Fragola.
Sindaco, l’epidemia ha influito, che lei sappia, sulla coltivazione della fragola?
«Nella prima fase sì. Tra febbraio e marzo l’agricoltura ha risentito parecchio: l’Italia è stata il primo Paese europeo colpito dal virus e spesso sono state preferite le fragole spagnole, sul mercato a prezzi stracciati. Da aprile in poi abbiamo recuperato e stiamo continuando su questa strada.»
Quali sono i principali Paesi d’esportazione delle fragole di Parete?
«Quelli europei in generale, con l’eccezione della Spagna che in un certo senso è nostra competitor. La fragola è un frutto che deperisce, non può essere conservata per molti giorni e quindi le esportazioni devono avvenire in altre nazioni relativamente vicine o meglio collegate con l’Italia.»
Come nasce il Museo della Fragola all’interno del Palazzo Ducale?
«L’idea alla base era quella di dare un’identità alla città – che appunto è stata nominata città della fragola – partendo dal nostro prodotti di punta. Il Palazzo e il Museo dovevano essere un luogo culturale e di divulgazione, ma anche di marketing territoriale. Grande ispirazione è venuta dall’associazione La Tenda, che organizza la Festa della Fragola e che ha presentato il miglior progetto in tal senso, tanto da vincere il bando di gestione del Museo. Parte quindi dai giovani l’idea della città incubatore di idee culturali.»
Perché, a suo avviso, le fragole di Parete sono tanto speciali?
«Penso che gli elementi di questo successo siano tre: il nostro terreno che è tra i più fertili d’Italia, a detta degli agronomi, le condizioni climatiche favorevoli e il grande bagaglio di esperienza nella coltivazione della fragola.»
Qual è il rapporto tra coltivazione delle fragole a Parete e globalizzazione?
«Vedo Parete come un paese aperto agli stimoli del mondo. Ci troviamo al confine tra le province di Napoli e Caserta e inoltre avvertiamo gli stimoli degli altri paesi dell’Agro Aversano dal punto di vista culturale e creativo. Parete ha radici e senso di appartenenza anche tra i giovani, in più abbiamo voglia di primeggiare in una competizione positiva. Guardiamo al mondo quindi, ma siamo anche e soprattutto orgogliosi di essere di Parete.»