Si possono capire molte cose a tavola: la cultura di un popolo sta tutta nell’enogastronomia. Questa è la storia di quando sono finita in un locale frequentato solo da cinesi.

Io sono una grande amante della cucina etnica, in particolare quella messicana e cinese. Non sempre però è possibile trovare in Italia dei ristoranti in grado di preparare delle pietanze aderenti alle ricette tradizionali. La ragione non è una questione di capacità, bensì di trovare riscontro nella clientela. Me lo spiegò molto bene un amico che aveva un ristorante greco. Gli feci notare che la sua tzatziki non aveva lo stesso sapore (e la stessa quantità d’aglio) di quella che avevo consumato in abbondanza a Corfù. Mi spiegò che non sempre gli italiani amano l’aglio in quelle quantità (io sono un’eccezione) e che quindi preparava i suoi piatti affinché fossero gradevoli per gli avventori.

Con la cucina cinese accade la stessa cosa: viene modificata per raggiungere uno standard occidentale. Per cui ciò che mangiate in parte dei ristoranti cinesi in Italia tecnicamente non è cibo cinese (anche se preparato da cinesi), ma qualcosa di ispirato alla cucina cinese, molto saporito, ma calibrato su una clientela europea.

Una volta però mi è capitato di entrare in un ristorante cinese frequentato esclusivamente da cinesi. Esistono nel Belpaese delle enclavi, in cui le comunità provenienti dalla Cina si ritrovano per scopi sociali. Fateci caso: non sempre, soprattutto nei piccoli centri, ci capita di vedere dei cinesi durante le nostre occasioni sociali? No, certo che no. Eppure sono intorno a noi, solo che frequentano luoghi diversi, come dei ristoranti in cui la cucina è proprio quella di casa propria.

Mangiare vero cibo cinese significa assaggiare ingredienti che non sempre troverete nei locali standardizzati sulla clientela europea, come per esempio i funghi shiitake. Oppure vi capiterà di assaggiare delle verdure pastellate e fritte che sono lontanissime da ciò che immaginate: sono insipide per lo più (ma non è un fattore negativo) e la loro frittura è decisamente asciutta. Se poi ordinate il pollo, preparatevi a vedervelo servito con la pelle, che naturalmente si mangia. Il solo piatto più vicino alla ricetta standardizzata sul modello europeo sono gli spaghetti di riso o di soia saltati con verdure (che vedete qui sopra). Forse perché rappresentano un piatto talmente per tutti i gusti da non essere suscettibili di modifiche.

Due cose particolari che mi sono accadute durante quella cena e che non c’entrano strettamente con la gastronomia. Avevo con me un seggiolone portatile, perché non sapevo che situazione avrei trovato per mio figlio piccolo: a un certo punto siamo stati circondati da bambini cinesi perplessi, che non riuscivano a capire perché ci fossimo portati dietro quel coso. C’è poi stato un momento in cui gli animi nel locale si sono scaldati. È stato curioso e spaventoso allo stesso tempo. Temevo che sarebbe partita una rissa, perché queste persone urlavano l’una all’indirizzo dell’altra in maniera concitata e non capivo cosa si dicessero naturalmente: solo alla fine ho compreso che era il loro modo di scherzare.

Quest’ultimo momento mi ha fatto capire delle cose importanti sui funzionamenti della xenofobia. La paura nasce da ciò che non conosciamo. Non possiamo esserne consapevoli e combatterla se non viaggiamo, non studiamo, non esploriamo. E, in questo caso, non mangiamo (per bene).

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