Oggi vi raccontiamo di una delle storie più belle mai raccontate: mettetevi comodi, è il momento di Alice nel Paese delle Meraviglie (e Attraverso lo specchio).
Il 4 luglio 1862, due uomini, Charles Lutwige Dodgson e Robinson Duckworth, due religiosi, fecero una gita in barca sul Tamigi. Con loro c’erano tre bambine: una si chiamava Lorina, una Edith e la terza si chiamava Alice Liddel. Dodgson, per allietare il viaggio, inventò una storia, la cui protagonista si chiamava come quest’ultima: nasceva così Alice nel Paese delle meraviglie.
O meglio, non proprio così: dopo numerose stesure, revisioni, aggiunte di filastrocche. Perché quel Dodgson altri non era che il reverendo Lewis Carroll, un religioso appassionato di matematica ed enigmistica, che ha dato vita a quello che la modernità ha rivisto come viaggio acido, anche grazie a una celebre versione cinematografica della Disney.
Il libro ha avuto in Italia moltissime traduzioni, tanto diverse tra loro che ognuna rappresenta un romanzo a sé. Le avventure di Alice con la traduzione di Alessandra Schiaffoni è stato il mio primo libro da bambina. L’ho letto numerose volte nel corso della mia preadolescenza e un paio di volte anche da adulta. Non vi so spiegare cosa provo quando leggo Alice, non so perché questa sia una storia che mi affascina così tanto, anche perché sono stata molto precoce con la lettura e ho abbandonato molto giovane la narrativa per ragazzi. Credo che Alice non sia propriamente un libro per bambini, o meglio che sia anche un libro per bambini, ma abbia più livelli di lettura.
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Quest’ipotesi è supportata dalle numerose citazioni in opere che amo e che non sono propriamente per bambini. Una di queste è Twin Peaks, in cui David Lynch ha inserito una serie di rimandi ad Alice, a partire dal misterioso personaggio di Alice Tremond. Senza dimenticare i moltissimi riferimenti al Bianconiglio (il coniglio cotton tail, i coniglietti di cioccolato di Laura Palmer, il Jack Rabbit Palace), agli specchi (attraverso cui Bob si rivela, anche perché la Loggia Nera è quel luogo attraverso lo specchio, dato che vi si parla al contrario), al sorriso cui non si può resistere del gatto del Chershire (e di Bob), ai riferimenti ai giochi di carte e di scacchi (dal One Eye Jack’s alla follia di Windom Earle).
Di Alice nel Paese delle Meraviglie si parla spesso in Orange Is the New Black dopo la morte di Poussey, quando emerge come fosse il suo libro preferito. Così gli sceneggiatori hanno pensato bene di inserire delle scene in cui, dopo la morte di Poussey, Taystee la ricorda attraverso dettagli magici. Uno di questi risale al loro primo incontro, quando Taystee, nella biblioteca di Litchfield, scorge un sorriso perché solo in un secondo momento la sua interlocutrice le sia rivelata. Esattamente come il gatto del Chershire.
Un’interpretazione interessante di Attraverso lo specchio viene data nel film Dogma di Kevin Smith. In una scena, Loki, interpretato da Matt Damon, utilizza una metafora contenuta nel libro per spiegare come le religioni e in particolare il cristianesimo siano fallibili. E spingere una suora ad abbandonare la dimensione spirituale per abbracciarne una decisamente più consumistica e carnale. Superfluo sottolineare ancora una volta il paradosso di come Alice sia stato scritto da un religioso.
C’è stato un periodo che ho pensato di iniziare a collezionare diverse edizioni illustrate di Alice. Ho subito desistito, perché lo spazio librerie in casa è già poco per ospitare nuovi e interessanti libri. Però, come ho accennato nella mia narrazione su Lombroso di Stefano Bessoni, mi è capitato, all’interno di una sezione bambini in una Feltrinelli di trovare una copia di Alice Sotto Terra sempre di Bessoni. Che non è un libro per bambini, anche se il titolo è esattamente quello originale concepito da Carroll. Tanto che ho fatto un’eccezione: l’ho acquistato, l’ho letto, l’ho molto gradito. Alice Sotto Terra è una variazione sul tema di Alice nel Paese delle Meraviglie, è uno squarcio sul velo di Maya, un disvelamento della narrazione che diventa postmoderno smembramento di Orfeo, per dirla con Ihab Hassan.
Un “bestiario” – scrive Bessoni nella postfazione – stilato con lo sguardo di un naturalista dall’animo vittoriano, diviso tra la passione per gli insetti, gli scheletri, gli spettri, la fotografia. È un piccolo viaggio tra gli abitanti del sottosuolo visti con uno sguardo molto personale, macabro, quasi da “intruso”, dove Alice diviene una di loro, perfettamente calata in quella realtà ribaltata chi invece dovrebbe meravigliarla.
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A proposito di postmodernismo. Un libro che rivisita Alice è anche La camera di sangue di Angela Carter. Il volume è una raccolta di fiabe riscritte con sguardo femminista e l’Alice di Lupo-Alice (Wolf-Alice nel titolo originale) è una commistione interessante con Cappuccetto Rosso. Il volume, mi spiace per voi, è quasi introvabile in italiano. Ma io ce l’ho e lo conosco quasi a memoria. Perché a volte non c’è nulla di meglio di una metafora parodistica per comprendere appieno la realtà.