A breve riprenderò a dipingere, vedrò un film d’animazione la sera con mio figlio: sarò una persona normale.

Mi lamento perché ho sempre poco tempo. Però ho fatto un calcolo e se tutto nella mia vita va lavorativamente come dico io, potrei finire di lavorare ogni giorno alle 20.

Quando ero piccola, era più o meno a quell’ora che il mio papà, che faceva il commerciante, rientrava a casa. Cenavamo velocemente e poi guardavamo la tv. Mi sono fatto una cultura di Giovannona coscialunga, Milano a mano armata e naturalmente film di Pierino con Alvaro Vitali. Telemike il giovedì, Twin Peaks il mercoledì. L’ultimissima puntata di Twin Peaks non l’ho vista, l’ho sentita sul divano del soggiorno, con la testa affondata in un Topolino.

Non ho ma avuto un menage famigliare del genere nella mia vita di adulta. Quando eravamo in due, mi ritagliavo il tempo per il mio compagno. Ora che siamo in tre, il tempo non è dedicato a quelle ore di sera sul divano, ma a tante piccole porzioni della mia giornata, in cui leggo un libro (o gli insegno a leggere a sua volta), cantiamo La marmellata innamorata, facciamo un castello con le costruzioni o un disegno. 

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Però mi piacerebbe avere la sera completamente libera. Magari qualche volta vedrei un film con mio figlio – ho una folta videoteca che va da Inside Out a Biancaneve e i Sette Nani, passando per La città incantata (che però ancora lo inquieta un pochino, Kiki consegne a domicilio gli piace di più). Le altre volte farei altre cose con lui: magari utilizzeremmo quel tempo per fare pupazzetti con pasta di pane, oppure passeremmo in rassegna tutti i suoi animalucci con relativi libri. O magari in estate giocheremmo a pallone in cortile.

Papà, come molti padri della sua generazione, era questo il massimo che faceva. A parte traumatizzarmi, esultando quando segnava Totò Schillaci.

Però per me sarebbe già importante, fondamentale, avere il suo tempo. Sentirmi normale almeno in questa cosa. Mi piacerebbe davvero essere normale. Fare un puzzle da mille pezzi con i miei cari, preparare i ravioli al vapore, decidere di non essere solo una donna sommersa di lavoro che ruba il proprio tempo a disposizione.

C’è chi si lamenta per i tempi dilatati dello smartworking. Benvenuti nel mio mondo, da 23 anni almeno.

(La citazione del titolo è presa da questa canzone di Lucio Dalla, che mi fa sempre pensare alla mia voglia di normalità, di routine).

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