Me la ricordo come fosse ieri, e invece quella giornata di neve è stata 34 anni fa.
Era il 9 marzo 1987. Avevo 7 anni. E mezzo. Quel giorno non andai a scuola. Mi sedetti sul serpentone antispifferi della portafinestra del tinello. Era il luogo in cui mi rifugiavo spesso in quegli anni. Immaginavo mondi, mi raccontavo delle storie, pensavo a cose del presente e forse del futuro.
Quel giorno ero completamente rapita dal fenomeno climatico. La neve, quando ero bambina, era davvero molto molto rara alle nostre latitudini e io infatti non l’avevo mai vista. Ne ero affascinata. Sembrava leggera, cadere a falde e poi risalire in fiocchi attraverso i vortici di qualche folata di vento.
Credo di essere stata lì ferma per una giornata intera.
Fuori gli altri bambini giocavano, intabarrati nelle loro sciarpette. Io no. Io guardavo fuori dalla finestra.
Quando ero piccola ero molto introspettiva. E molto sola. Ma non era tanto male. Credo di non essere mai stata una persona che amava la confusione, anzi la solitudine è per me spesso un’esigenza, anche oggi che sono adulta. È questo che fanno e che sono le persone introverse. Magari in pubblico appaiono in modo differente, perché esistono i cosiddetti «introversi sociali», ma la verità è che io in una folla ho sempre voglia di scappare.
Quando ho voglia di restare sola penso alla neve di quel giorno di marzo 1987. Penso a quanto fosse magica e a quanto fosse difficile essere una bambina introversa che amava i libri più delle persone. Adesso il fatto che io ami i libri più delle persone mi fa sempre sembrare stravagante (per usare un eufemismo), ma a 7 anni e mezzo è un altro paio di maniche.
Il fatto è che i libri raramente deludono.
(La foto in evidenza è di una nevicata di 30 anni dopo, nel 2017).