La pastiera napoletana affonda le sue radici nel 1600, ma da allora in tutte le case è stata rivisitata più volte, tanto che ognuna ha un sapore diverso dall’altro.

di Paolo Merenda

A Pasqua, come nelle altre feste che ricorrono durante l’anno, uno degli aspetti maggiormente curato è quello culinario, con tante ricette caratteristiche di un determinato periodo. La pastiera di grano, o pastiera napoletana, è senz’altro tra i dolci più diffusi in Campania da venerdì santo in poi.

La pastiera ha radici antiche: la citava nel 1630 circa lo scrittore Giambattista Basile, originario di Giugliano in Campania, dove è morto nel 1632, nella fiaba La gatta Cenerentola, inclusa nella raccolta Lo cunto de li cunti, overo lo trattenemiento de peccerille (La fiaba delle fiabe, o l’intrattenimento per i più piccoli). Dobbiamo aspettare il 1693 per vederne la ricetta tradizionale completa in un trattato di cucina, Lo scalco alla moderna di Antonio Latini, ma da allora è stata rivisitata talmente tante volte da essere arrivata in mille modi diversi a noi contemporanei, a seconda della massaia che la produce o che ne ha tramandato la ricetta alle figlie.

Mia madre ne faceva una molto buona, e mia zia, sua sorella, la fa ancora oggi nonostante qualche acciacchino dovuto all’età. Ebbene, nonostante la loro “scuola di cucina” sia stata la stessa, mia nonna, le due ricette differivano in qualche minuscolo particolare. Ricordo che quando si avvicinava il periodo dei dolci pasquali attendevo la pastiera napoletana come null’altro, perché ha davvero tanti ingredienti ed è superdolce. L’ho sempre trovata diversa da qualunque altro dolce, anche dalla pizza di crema, che somiglia lontanamente al pasticciotto leccese, ma nessuno dei due si avvicina al sapore zuccherino della pastiera.

Credo che sia un dolce adatto anche ai più piccoli, perché occorre tanto latte durante le varie fasi. La ricetta che vi propongo qui, diversa a sua volta da quella proveniente da mia nonna materna e risalente quindi al periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale, è di mia zia Giuseppina, sorella di mio padre.

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Ingredienti:
Grano a volontà (per la quantità vi regolate in base al gusto)
Latte, circa mezzo litro
Uova, una dozzina o poco più
Ricotta, 700 grammi
Zucchero, 600 grammi
Burro, 150 grammi
Farina quanto basta, ma non state lì col braccino corto
Una bottiglina di millefiori
Una busta di vanillina
Un limone e un’arancia
Cedro
Sale qb
Limoncello o liquore Strega
Un bicchiere di olio, magari di frantoio se riuscite a procurarvelo
Crema pasticciera, 200 grammi

Procedimento:
Si parte dal giorno prima: prendete il grano e mettetelo in un piatto con un po’ di latte e due o tre cucchiai di succo di limone o di arancia (mia zia usa l’arancia, una cosa che non ricordo mia madre facesse).

La mattina successiva si cuoce il grano con 250 grammi di latte, 150 grammi di burro, una buccia di limone e un pizzico di sale. Quando è cotto, e lo si nota dal fatto che diventa quasi asciutto nella pentola, si mette in una ciotola capiente, metà frullato e metà direttamente dalla pentola. Si gira per far amalgamare le due parti e, quando si raffredda, si aggiungono 7 uova intere e 3 tuorli. Lo si fa amalgamare di nuovo fin quando diventa della consistenza della crema, e si aggiungono 700 grammi di ricotta frullata, affinché sia più vellutata, 600 grammi di zucchero, la bottiglina di millefiori, la vanillina, mezzo bicchiere piccolo di liquore (il limoncello è la scelta preferita di mia zia Giuseppina), 200 grammi di crema pasticcera e, se piace, il cedro. Man mano si mescola per avere un composto omogeneo.

Per la sfoglia, si mette farina quanto basta, un pizzico di sale, 3 uova e un bicchiere d’olio. Si lavora l’impasto fin quando ha la consistenza giusta e non attacca più, poi si spolvera la teglia di farina e si fa la base della pastiera. La crema di grano si versa dentro la base, poi si aggiungono delle listarelle di pasta sfoglia nella parte superiore.

Si mette nel forno a 180 gradi per 35 minuti circa, ma bisogna controllare ogni tanto che sia dorata. A quel punto, è pronta a essere sfornata. Si lascia raffreddare e poi si serve. Buon appetito (soprattutto) e buona Pasqua.

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