Una riflessione su ciò che lasciamo andare senza accorgercene.

Quante persone abbiamo conosciuto nella nostra vita? Cento? Mille? Diecimila? Quante ne abbiamo anche solo incontrate? Mi piacerebbe dirvi che è difficile perdersi di vista, soprattutto da quando ci sono i social network, ma mi pare chiaro che non è così.

Ce ne dobbiamo fare una colpa? Può darsi, ma neppure tanta. Ci consoliamo pensando al fatto che vorremo sempre bene alle persone che ci mancano, ma non possiamo fare a meno di stare solo con delle ristrette cerchie nella nostra vita, cerchie che a causa del coronavirus sono diventate così ristrette da includere molto spesso solo famigliari conviventi o coinquilini (per esempio per gli universitari o i lavoratori fuori sede). Ma cosa accade se la persona a cui vogliamo bene e che magari non riusciamo a sentire nostro malgrado viene a mancare?

È una cosa che mi è accaduta oggi. Anzi, non a me, ma a una persona a cui voglio bene che cercava una sua amica di infanzia. Da due anni, il telefono di questa amica era muto, e quindi si è messa a cercarla sui social, trovando una delle figlie e scoprendo che proprio da due anni questa persona non c’è più.

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So esattamente come ci si sente. Una quindicina di anni fa, scoprii dal mio stesso giornale che un compagno di università era morto a causa di un incidente in mare. Ci eravamo persi di vista da tempo e all’epoca non c’era Facebook, c’era solo MySpace e in quanto interazione non era il massimo. Ma anche ora, che i social dovrebbero tenerci legati a un maggior numero di persone possibile del nostro passato, continua ad accadere. Le persone se ne vanno, muoiono, in tempo di pandemia più del solito e noi non possiamo farci proprio nulla. Possiamo star lì a ricordare quanto volevamo loro bene, quando ci si divertisse insieme, ma non cambia la realtà dei fatti. La prima causa di morte di ogni persona è la vita, e mano a mano che il tempo passa tutti invecchiamo e la morte diventa una sorta di processo naturale, dal quale noi stessi non possiamo sfuggire.

Il mio compagno mi ha ricordato molto poeticamente che è quello che accade in Rambo, ma io non lo ricordo perché sinceramente Rambo non mi interessa molto. E insomma John Rambo va a cercare l’ultimo dei commilitoni ancora in vita, scoprendo che è morto. Il commilitone si chiama Hope di cognome. Quindi Hope is dead, la speranza è morta. Be’, un po’ triste, ma immagino che sia normale quando hai visto gli orrori della guerra in Vietnam, sei tornato in patria e tutti ti odiano comunque, soprattutto chi ti ci ha mandato in quella guerra.

E per fortuna di Mark Zuckerberg, ai tempi di Rambo Facebook non c’era. Manco Instagram. E manco WhasApp.

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