Quasi è un avverbio curioso. Ma non del tutto, lo è quasi.
Quando ero piccola, le mie zie a Natale regalavano a me e a mia cugina Donatella due bambole uguali. Però non erano proprio uguali. La mia era bionda, la sua era mora. Ogni Natale, Donatella piangeva e chiedeva: «Perché a me sempre la bambola mora?». Le rispondevano: «Perché tu sei mora». E Donatella ribatteva: «Ma lei non è bionda». Sì, non ero bionda. Quando andavo all’università i miei capelli erano castano scuro, ma quand’ero piccola erano castano chiaro. Poi, quando sono diventati bianchi sono stata rossa, grigia, forse la prossima volta farò delle ciocche blu. Sono anche stata verde e poi bionda, ma mai naturale. Da piccola, Nella testa delle mie zie ero quasi bionda, anche perché d’estate a Otranto i miei capelli si schiarivano ulteriormente. Così, anche se mia mamma mi comprava il Cicciobello classico, quello biondo, le zie regalavano a Donatella il Cicciobello africano. Per fortuna la rotta è cambiata quando alla fine degli anni ’80, è stata messa in commercio una bambola con un’impermeabile giallo legato a un concorso a premi. Se la bambola diceva che era nata in un taxi giallo a New York, vincevi un viaggio alle Torri Gemelle. E quell’anno Donatella ricevette in dono una bambola bionda. Erano tutte bionde.
Quasi. È un curioso avverbio che mi ha accompagnata tutta la vita.
Io credo di saperlo come si è sentito Toto Cutugno tutti quegli anni in cui è arrivato secondo a Sanremo. Quando andavo a scuola ero sempre quasi la prima della classe. Cioè la seconda, ma la seconda della classe è una cosa che non esiste. Accadeva alle elementari, dove c’era Daniela che era più brava di me. Accadeva al liceo, dove Antonio era più bravo di me. Alle scuole medie non conta, perché a quanto pare, anche se sei la più brava, se c’è uno studente che è povero, quello schizza sul podio immediatamente e gli insegnanti mandano lui a fare la prova per la borsa di studio. Che è una roba che ti fa salire il nazismo, ma le scuole medie sono così.
Così, quel quasi mi ha accompagna anche adesso. Adesso che ho qualcosa che non ho mai desiderato e che soprattutto non avrei mai voluto in questo modo. Cerco di fare il possibile, ma sono quasi brava – anche se, ammetto, dubito di conoscere persone che lo sarebbero più di me.
La cosa buffa è che non sono mai quasi felice. Io sono felice. O quando sono triste non sono quasi triste, sono triste e basta. E ho sempre cercato di evitare le sfumature. Ma quelle sono veloci e mi rincorrono.
A questo punto non lo so se davvero vorrei che quel quasi mi abbandonasse. Ho imparato a conviverci, forse senza il quasi sarebbe peggio. Non mi sto accontentando. È che forse mi va bene essere come Toto Cutugno. Non si può arrivare primi per forza. Ma questo non diminuisce il proprio valore in senso assoluto. E qualunque cosa facciano i primi in classifica, non saranno mai così fichi come uno che ha cantato con l’Armata Rossa.