Cos’è Siena? Una splendida città in Toscana, certo, dotata di un centro storico fra i più affascinanti d’Italia, ma tra i suoi vicoli la storia e la mitologia si mescolano. Grazie anche ai suoi abitanti, i senesi, popolo squisito e altruista.
di Paolo Merenda
C’è una famosa citazione attribuita a Marcel Proust, quella sull’avere nuovi occhi quando si viaggia. Si trova nell’opera La prigioniera, prima uscita postuma dopo la morte, a 51 anni, dell’autore. «Il solo vero viaggio, il solo bagno di giovinezza, non sarebbe quello di andare verso nuovi paesaggi, ma di avere occhi diversi, di vedere l’universo con gli occhi di un altro». Nel corso degli anni è stato ristretto, dal veloce popolo del web, in «Viaggiare non è vedere nuovi posti, ma avere nuovi occhi» che, a mio avviso, non rende giustizia all’originale, ma il senso si intuisce.
E Siena l’abbiamo vista e visitata con occhi diversi, scoprendone man mano i pregi (tanti) e i difetti (pochi). Ci siamo stati a ridosso del Palio di Siena del 2 luglio, la famosa corsa con i cavalli intorno al Campo, celebre piazza della città. Anzi, visitarla è stato arduo perché le varie contrade affollavano i vicoli del centro storico, la terra era stata già buttata nel Campo, alcuni posti erano transennati e così via. Insomma, si attendeva solo il Palio (vinto, per la cronaca, dalla contrada del Drago, con la Torre seconda).
La Fortezza Medicea è stata tra le mete, con una rilassante passeggiata all’imbrunire, per godere di un paesaggio mozzafiato dall’alto della struttura che vigila sulla città. Lungi dalla funzione difensiva di un tempo, adesso è un luogo in cui i senesi vanno a fare jogging e tenersi in forma con le attrezzature da palestra presenti (e conservate in ottimo stato). Non mancavano, però, le famiglie e gli over 60 in cerca di relax e di guardare con occhi diversi i paesaggi circostanti.

Il Duomo di Siena e la Torre del Mangia, adiacente il Campo, non potevano mancare nella ricerca di arte e cultura, e abbiamo trovato molto di più. Il Duomo e la Torre sono intanto accomunati dal secolo di costruzione, il XIV, e hanno una peculiarità: la stessa identica altezza. La sede del potere divino, il Duomo, e quello civile e politico, la Torre con la sua struttura adiacente (ora occupata da un interessante museo), hanno la stessa altezza per simboleggiare l’equilibrio e il fatto che nessuno dei due debba prevalere sull’altro. Un messaggio di pace e armonia che abbiamo riscontrato negli stessi abitanti di Siena.
Che son particolari per quanto riguarda il Palio, eh. Ho trovato originale (ma positivo e ammirevole per l’attaccamento alla loro terra, lo specifico) che non ci fosse un solo senese con cui ho parlato non schierato. Tutti avevano una contrada da tifare, e magari qualcun’altra di cui sparlare. Il barista sotto all’albergo dove soggiornavamo, i vari ristoratori dei posti dove abbiam mangiato (e ci tornerò) e tutti gli altri, anche la gente per strada di cui carpivamo qualche parola dei loro discorsi. Il Palio a Siena è come il calcio in tutta Italia, anzi forse ancor più sentito.
Ma gli abitanti di Siena sono stati soprattutto una scoperta positiva per la loro gentilezza: non sapevamo quale autobus prendere? Ne stavamo parlando tra di noi, vedendo la legenda degli orari, e subito un signore del luogo ci ha detto che andava nella stessa direzione e ci avrebbe detto lui su quale salire. Non sapevamo cosa mangiare? I consigli non venivano solo dal ristoratore dell’osteria, ma anche dagli altri commensali, con i quali si finiva la serata a chiacchierare tutti insieme. E così via. Due episodi, però, mi sono rimasti impressi.
Il primo, di un ottuagenario che, appunto sull’autobus, ci ha detto dove scendere per raggiungere piazza del Campo, dato che ci stava andando anche lui. Nel tragitto con un vero cicerone senese abbiamo scoperto della fondazione mitologica di Siena, da parte di Seno, figlio di Remo, al quale lo zio Romolo dava la caccia dopo aver sconfitto il fratello. La leggenda di Romolo e Remo torna appunto nel simbolo della città, la Lupa Capitolina, diventata Lupa Senese. Dopo che Seno e Ascanio, fuggiti da Roma con una rappresentazione della Lupa, approdarono nel luogo a cui Seno diede nome Siena (e Ascanio al vicino centro di Asciano), Romolo li fece inseguire, per ucciderli come aveva ucciso loro padre Remo, dai capitani Camellio e Montorio. I capitani, giacché c’erano, fondarono a loro volta due quartieri di Siena, Camollia e Castelmontorio, oggi contrada di Valdimontone (una di quelle che partecipa al Palio).

Una guida, insomma, che ha fatto molto di più che portarci al Campo: ci ha fatto respirare e vedere Siena con i suoi occhi (compreso un cartello ormai illeggibile, che quand’era piccolo raccomandava ai pedoni di camminare sulla sinistra: uno di quei particolari dimenticato se non viene trasmesso oralmente alle nuove generazioni).
Il secondo episodio, purtroppo in pratica una rissa, è scoppiata per dei motivi di mancato rispetto della legalità da parte di un paio di ragazzi. Non per i futili motivi che vediamo fuori dai locali, ma perché uno di loro, non rispettando la norme del luogo, è stato attaccato dagli altri. Tra risposta e controrisposta violenta le vicende si sono fermate prima di danni maggiori, ma mi ha stupito che tutto ciò sia avvenuto perché i ragazzi del luogo non volevano vedere illegalità (no, non parliamo di droga o simili, ma di cose che in altre parti d’Italia ci passano di fianco senza accorgercene).

Chiudo con la parte culinaria: Siena è una terra di grande cucina, dai pici (pasta artigianale simile agli spaghettoni), alla fagianina (squisita, che ho mangiato in una variante totalmente locale), alla cacciagione in generale, ai dolci, come i cantucci da mangiare dopo averli religiosamente inzuppati nel vinsanto. E non parliamo solo di locali stellati (dove pure siamo stati), ma di una cultura enogastronomica che coinvolge le numerose osterie del luogo, piccoli posti in cui scoprire sempre gusti nuovi e diversi, col palato oltre che con gli occhi.