Un ricordo di tanti anni fa, quello di un parroco il cui messaggio andava oltre le religioni e che tutti potevano capire.

Mi sono sempre chiesta se la religione sia qualcosa che coltiviamo da bambini e poi rinneghiamo da adulti. Un po’ come con Babbo Natale. Naturalmente parlo della religione cattolica, i cui battezzati sono prevalenti in Italia, statisticamente parlando, ma altri riti o altri sacramenti (vedi matrimonio oltre che cresima o ordinazione sacerdotale) sono in calo rispetto al passato.

Poi ci sono bambini che ti stupiscono. Che ti mostrano come non sia detto che uno da adulto diventa ateo, agnostico o abbraccia le sette (sì, perché succede pure questo). E pensi che quei bambini coltiveranno la religione come si coltiva la lettura o la musica, magari attraverso attività laiche come lo studio dell’arte sacra per esempio. E ci sono anche adulti che ti stupiscono.

Ma comunque non è di questo che volevo parlare. Stamattina è il giorno dell’Immacolata Concezione, ovvero il dogma della Chiesa Cattolica secondo cui Maria sarebbe nata senza peccato originale, con il quale tutti nascono dopo Eva. In altre parole Maria era predestinata a far nascere il messia dei cattolici e uno dei tanti profeti per gli islamici. Quando ero piccola, in questa giornata, i vigili del fuoco ponevano una corona di fiori sulla colonna della Madonna delle Grazie, un monumento suggestivo che c’è al mio paese. Dopo la messa si andava tutti dalla chiesa madre alla colonna con il parroco per questo evento.

Il parroco si chiamava don Tonino e quel giorno aveva un regalo per tutti noi: la medaglia miracolosa. Era una medaglietta in un materiale a me sconosciuto, che veniva legala al collo o al polso con un piccolo spago celeste. Sopra c’era disegnata Maria che schiaccia il serpente, simbolo del peccato originale (o della conoscenza, in altre religioni), e tutt’intorno c’era scritta una preghiera che non sto qui a ricopiarvi.

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Don Tonino era un parroco insolito. Aveva ricevuto la “chiamata” da adulto, prima faceva l’insegnante. Ed era l’opposto delle nostre catechiste. Era sempre sorridente, non l’ho mai visto arrabbiato o deluso. Non aveva la fissa di istillare i sensi di colpa nei bambini. Era gentile, parlava di volersi bene gli uni con gli altri e non ha mai alzato il sopracciglio se uno di noi non veniva a messa. Anche le sue confessioni erano snelle e insolite. L’estate, di mattina presto, arrivava al Fascio (una discesa balneare libera a Otranto, vai a sapere perché si chiama così) con la sua Fiat 126 bianca. Prima di allora non avevo mai visto un prete al mare. Non l’avrei visto neanche dopo.

Era come se don Tonino vivesse di domenica in domenica e i giorni del catechismo per noi. Ignoravamo cosa facesse nel suo tempo libero – ma un giorno lo avremmo scoperto. E vederlo al mare aggiungeva un tassello al complesso puzzle.

Don Tonino è morto giovane, mi pare nel 1997 o giù di lì. E fu allora che scoprimmo cosa faceva nel suo tempo libero: lavorava. Non che facesse l’impiegato al catasto, faceva il suo lavoro, quello del sacerdote. Anzi forse un lavoro che non tutti i sacerdoti svolgono: lui aiutava quelli e quelle che la Chiesa chiama gli ultimi, ma che lui, conoscendolo, probabilmente considerava suoi pari.

L’ultima volta che sono stata al mio paese, in un interstizio del divano ho trovato una di quelle medagliette della Madonna. Mio figlio l’ha presa subito e se l’è messa. Mi sono chiesta da quanti anni fosse lì, o magari era caduta alla zia Franca l’ultima volta che si era seduta sul divano, ovvero quella mattina stessa. Ho pensato a don Tonino. Che ovviamente credeva al paradiso. E per chi la pensa come lui, oggi starà distribuendo quelle medagliette lì, ancora una volta.

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