Queer è ora?

È possibile fare un viaggio nel tempo?

Decisamente sì, in un modo o in un altro.

Non so se vi sia mai capitato di aprire una scatola alla ricerca di una cosa e di trovare tutt’altro. A me capita spesso. In base agli standard della società, sono un persona piuttosto disordinata (dove il piuttosto oscilla di continuo tra estremamente e disastrosamente) ma ho un metodo di archiviazione (tutto mio, ovviamente) piuttosto infallibile. Nella pratica, riesco a ricordare con quasi totale certezza dove ho messo una cosa (generalmente, dentro scatole o contenitori vari) e quindi vado a colpo sicuro. Se poi il “quasi” vince sulla “totale certezza”, mi ritrovo ad avere a che fare con quella che Horace Walpole ha definito «serendipity», ossia «la fortuna di fare felici scoperte per puro caso e, anche, il revocare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra». Della serie: cercavo un mare calmo e ho trovato te (col vento così forte, non dirmi buonanotte). 

Oddio, non so se anche amore e capoeira rientri nella categoria serendipity, ma mi piace immaginarlo così.

Comunque, al netto del mio disordine e di tormentoni estivi di dubbio gusto (che però ti entrano in testa e restano lì per l’eternità più di valvassori e valvassini, della barbabietola da zucchero e di KARAOKEEE GUANTANAMERAAAAA ) ho scoperto che è piuttosto diffusa la pratica di realizzare la “capsula del tempo”, ossia una scatola dove conservare cose varie (oggetti, ritagli di giornale, fotografie, ecc ecc) per sé o per qualcun altro. Qualcuno direbbe «a futura memoria», qualcun altro «pe’ lu ci sape», c’è anche chi «lo metto qui in attesa di capire cosa farne». Nella pratica, una specie di corredo di souvenir di vita, da tenere per sè o da dare a qualcun altro (o anche da murare da qualche parte in una casa in costruzione, in attesa che i posteri la ritrovino, a meno che durante dei lavori di ristrutturazione, i maestri muratori non la buttino via, nonostante le numerosi e insistenti raccomandazioni #fattuveru). 

In questo periodo pluripandemico, complice un trasloco di non poco conto (un trasloco che conta, un trasloco che uno, due, un trasloco che abbonda) ho riaperto diverse capsule del tempo, trovando cose che avevo totalmente dimenticato. Una volta aperta la prima, alcune mi sono capitate, altre un po’ me le sono andate a cercare. Insomma, scatole e contenitori vari che mi hanno alleggerito non poco alcuni momenti un po’ troppo impegnativi sotto diversi punti di vista – e farsi alleggerire da scatole durante un trasloco non è per nulla scontato.

SONO CERTA che a questo punto state fremendo dalla voglia di sapere che cosa ho trovato di interessante nelle varie scatole; quindi, per creare un altro po’ di suspense, vi dirò cosa ci metterei in questo momento in una capsula:

– il foglio su cui ho appuntato un po’ di cose per scrivere questo pezzo. 

Avevo fatto una mappa con tanto di collegamenti, colori, citazioni and many more. Mi ero fatta dare pure una scadenza «perché sotto stress lavoro meglio», e avevo anche osato un «fino ad allora due ne faccio di pezzi, TRANQUILLA!». La scadenza di cui sopra era il 19 aprile. Guardate un po’ il calendario e fatevi due conti.

Vabbè , ne approfitto per chiedere pubblicamente scusa a tutta la crew di TheRoom per la latitanza di questo periodo. Ma d’altronde, com’era quella citazione di Forrest Gump? «La vita è come una scatola di Monopoli, non sai mai quale imprevisto e probabilità ti capita». Vero? 🙂  ❤

Giusto per la cronaca, il foglio è disperso in qualche scatola del suddetto trasloco, probabilmente insieme al contenitore con tutte le mie preziosissime spezie, al manuale di istruzioni della lavatrice e a qualche regalo sospeso.

– i diari del liceo

Uno dei ritrovamenti più belli degli ultimi tempi, sono stati diversi diari e quaderni del periodo del liceo. Inutile dire che nei momenti di picco della curva del trasloco, anziché mettermi a inscatolare in maniera compulsiva e senza rancore, mi sono messa a sfogliare questi cimeli di vita, ritrovando tante cose : amicizie, ispirazioni, citazioni guida, lettere a me stessa, e tanti sogni: alcuni infranti, altri impossibili, ma anche sogni che non sapevo di avere e che ho realizzato, e tanti «vediamo che succede». 

Aprire questi diari in maniera random è stato – e continua a essere – un bel modo per fare pace con tanta roba, alle volte anche troppa. ma quale periodo migliore, se non una pandemia mondiale, per archiviare un po’ di questioni e fare spazio nell’hard disk? La sensazione che ho avuto, per rendere l’idea con un’immagine, è come quando prendi un palloncino giallo, ci disegni sopra uno smile e lo lasci andare. O qualcosa del genere. 

– il programma del salento rainbow film fest #queerèora

febbraio 2020, più o meno

G.: «Ma che ne dici se facciamo la summer version del festival? Tipo con proiezioni sparse in diversi luoghi della città.»

G.: «Dai, che bella idea! il tempo di chiudere i tre eventi di marzo e ci mettiamo subito al lavoro!»

Nella miriade di eventi e iniziative mai realizzate sempre a causa di quell’impiccio mondiale chiamato coronavirus, c’è la sesta edizione del Salento Rainbow Film Fest. Dopo le tappe di Foggia e Brindisi e un’anteprima a Lecce il 14 febbraio  , eravamo in dirittura d’arrivo per l’ esplosione queer, che si sarebbe svolta il 12-13-14 marzo alle Manifatture Knos. come ben sapete, l’unica cosa che è esplosa, è la pandemia. ma vabbè, l’importante è la salute, è il caso di dirlo. 

Il programma, nel senso del pieghevole di carta formato 50×70, andrà di diritto nella capsula del tempo (ovviamente una volta che lo ritroverò, visto che ora che ci sto pensando credo sia disperso insieme alle spezie&co).

Se volete dare un’occhiata a quello che sarebbe stato, potete farlo qui.

Devo pure aggiungere che sì, il Srff non si è svolto nella forma in cui lo avevamo ideato, ma a un certo punto quell’energia che si era messa in circolo e il cui fluire si è dovuto interrompere “causa forza maggiore”, ha ricominciato a scorrere: nel mese di luglio Masseria Wave e Cinema del Reale hanno ospitato, all’interno delle loro programmazioni, dei “frammenti” del “festival che non c’è stato”.

Tra proiezioni di corti, restituzione del lavoro col liceo artistico, dj set e mostra fotografica (visitabile fino a settembre al Castello volante di Corigliano), una specie di summer version del Srff l’abbiamo fatta. E va benissimo così. 

***MOMENTO GIOCO***

Alla fine dello scorso pezzo, vi ho proposto il gioco “non vedo l’ora”.

Non so se ci abbiate giocato, e come vi sia andata. Per quanto mi riguarda, ci sono stati diversi colpi di scena rispetto alla lista che avevo compilato: tipo che una delle prime persone che ho abbracciato, fuori da ogni previsione, è stato il mio genitore2, che ha ben pensato di manifestarsi per la prima volta nella mia vita subito dopo il lockdown.   

Partendo da questa scena degna di almeno 3 nomination agli Oscar (colonna sonora, sceneggiatura e migliore attore non protagonista), vi propongo un ulteriore upgrade di nomicosecittà: CHI L’AVREBBE MAI DETTO. Sottotitolo: che durante una pandemia.

I giocatori, sulla base della lettera di turno, scrivono su un pezzo di carta, il nome di una persona, di un oggetto, di una città che… boh, vabbè, fate voi. Un po’ di elementi ci sono, se volete potete aggiungere pure il giro di cicchetti quando si vince/si perde. In realtà, non c’è una regola ben precisa, l’importante è giocare e divertirsi 🙂

Gli intermezzi musicali di questo post li trovate, insieme a tanti altri pezzi, in una delle playlist di Spotify che ho iniziato a compilare durante il lockdown.

Dentro ci trovate tante canzoni, di tanti generi, stili, tempi, apparentemente slegati tra loro. il senso (tutto mio, ovviamente) ha a che fare con scoperte (e riscoperte) fatte durante quel tempo sospeso, che mi ha dato la possibilità di ascoltare con “orecchie nuove” tantissima musica, in alcuni casi soffermandomi solo sulle parole, in altri da emozioni, ricordi, riferimenti, riletture alla luce di quanto stava (e sta) accadendo.

***fine della guida all’ascolto***

sigla!

Annunci

#Queerèora

ATTENZIONE! 

Ogni riferimento a canzoni, pubblicità, film, vari&deventualy è da ritenersi puramente casuale, oppure no. All’interno dell’articolo sono inseriti dei link a fini promozionali, a volte anche commerciali e di approfondimento inutile, oppure no.

Dovevo fare un podcast, ma poi ne è venuta fuori una serie disordinata di riflessioni, pensieri & consigli assolutamente non richiesti per affrontare la restante parte della quarantena, che ad occhio e croce potrebbe essere di un altro mesetto, proroga più, proroga meno.

Sì, una serie disordinata. 

(inserire screenshot di definizione di “serie” e “disordinat*?)

Scusate l’apparente confusione, ma tanto siamo tutt* d’accordo sul fatto che siamo nel bel mezzo di una rivoluzione, vero? Ok 🙂

Quindi siamo anche d’accordo sul fatto che le categorie tempo e spazio devono essere un attimo riviste & aggiornate. Ok 🙂

Per quanto riguarda la prima, l’unità di misura base è il tempo di lavarsi le mani, che abbiamo scoperto equivalere a 20 secondi (almeno in Italia, perché pare in altre parti del mondo pare ce ne vogliano trenta); il tempo di una Skype con l’amico che non sento da dieci anni, il tempo della lavatrice per sanificare i centrini della nonna «che non si sa mai c’ho il coronavirus in casa, anzi secondo me l’ho già fatto e ora sono immune», il tempo che esca SexyConte per parlare del nuovo decreto, o dei nuovi morti, o di entrambe le cose. 

Ovviamente anche queste nuove unità di misura del tempo presentano una relatività di fondo perché dipendono da alcune variabili che non solo non possiamo quantificare a priori, ma ci mettono davanti a una serie di questioni che solo per risolverne alcune non basterebbero altre sette quarantene. 

Magari per capire quale sia il programma giusto per la sanificazione dei centrini della nonna basta fare un paio di ricerche mirate su un social qualunque, tanto di tutorial inutili che però alla fine possono sempre servire è pieno il web (nel peggiore dei casi, si ha tutto il tempo di imparare a lavorare all’uncinetto e fare dei nuovi e favolosi centrini, oltre che fare un tuo tutorial su quello che pare, tanto di tutorial inutili…); un po’ più complesso potrebbe essere il calcolo della variabile livello di rancore nei confronti dell’amicochenonsentodadiecianni che potrebbe influire in maniera significativa sulla Skype di cui sopra, non solo dal punto di vista della durata (perché effettivamente se non ci sentiamo da tanto tempo, un motivo in fondo in fondo ci sarà).

Per quanto riguarda il tempo di uscita di Conte, beh Giuseppe, neanche lui va dal barbiere. Ah no, quello è Mattarella. Ma vabbè, abbiamo capito che le variabili sono tante, e c’è un po’ di confusione sparsa. D’altronde sono strani giorni, come canta il Franco nazionale.

Siccome «misurare il tempo in senso assoluto è impossibile; è invece possibile misurare un intervallo di tempo tra due eventi» (fonte: il primo sito a caso che esce nelle ricerche su Google, o forse no), per mettere un punto fermo da qualche parte in termini di certezze intervengono gli AIUTI DI STATO, quanto meno per definire gli eventi da usare come riferimento: nuove autocertificazioni fantastiche e dove trovarle, il bollettino giornaliero sul picco che «un attimo un attimo fermi tutti arriva arriva eccolo eccolo no, era solo Godot, scusate. Ritenta, sarai più fortunato», le circolari del Ministero dell’Interno che ci dicono che sì, possiamo pisciare pure il nonno in carrozzella, oltre al cane, ma sempre ad un metro di distanza, e sempre con l’autocertificazione stampata sul retro della lista della spesa.

Riservo alla prossima nuvola le riflessioni sullo spazio perché se penso al fatto che un metro è la distanza alla quale dobbiamo tenerci dalle persone che invece vorremmo abbracciare, oltretutto bardati di mascherina e guanti, mi tatuo un’autocertificazione in fronte per andare in Svezia a prendere Greta (che intanto ha avuto il coronavirus, o forse no) e insieme a lei andare alla ricerca del paziente zero assoluto, quello da cui si è originato tutto (sì, quello che si è limonato il pipistrello) per il semplice gusto di guardarlo con sdegno & disprezzo (e secondo me tra me e Greta, ognuna col proprio livello di rancore accumulato nei confronti di zero assoluto, a sguardo giudicante ce la giochiamo). Ora che ci penso, zero assoluto potrebbe essere morto già da un po’, ma vabbè. 

«Greta, dai, torniamo a casa che tra un po’ inizia la diretta di Jo Squillo e c’ho una mascherina nuova di zecca da sfoggiare» 

Sipario, applausi, SIGLA!

Momento barzelletta.

2020, primi giorni di marzo (più o meno). Un uomo entra in un caffè : «Ma perché si chiama quarantena se dura 14 giorni?» 

Oppure no.

Una cosa che mi sta aiutando non poco in questo periodo di quarantena (o come volete chiamarla: queerantena, queerantella, quarantella, eccetera) è la musica: ne sto scoprendo e riscoprendo tanta, sto condividendo canzoni, compilando playlist per me e per altre persone, con altre persone e grazie ad altre persone, alcune delle quali amic* della queer community. 

Vorrei presentarvi alcun* di loro, che probabilmente già  conoscete, in un modo o in un altro. Decidete voi come e se approfondire la conoscenza e la scoperta dei favolosi mondi che continuano a creare e far sognare, anche in tempi di quarantena. 

Lucia Manca

Eroi è la mia personale canzone/ricarica, quella che da un po’ di tempo faccio conoscere a chi se lo merita, quella che ho inserito per prima nella mia playlist/coperta di Linus #QUEERÈORA (la trovate su Spotify). 

Il 12 marzo, quindi pochi giorni dopo l’inizio di tutto, è uscito il nuovo Ep di Lucia Manca Attese vol.1

«Sapevo – ha scritto Lucia su Facebook – che questo titolo poteva adattarsi a tante situazioni differenti, ma mai mi sarei aspettata di vivere una cosa così speciale come la pubblicazione di nuove canzoni in un momento storico così unico e drammatico allo stesso tempo. Oggi, nel dramma di queste attese che sembrano infinite, la musica è uno dei modi migliori che abbiamo per azzerare le distanze. Il mezzo che più di tutti ci offre l’illusione di non essere soli.»

Non aggiungo altro, sarebbe superfluo.  

Stefano Libertini Protopapa

Leccese di nascita, cittadino del mondo per vocazione, attualmente quarantenante a Milano. In attesa di tornare in giro per Milano (e a Lecce, al Salento Rainbow Film Fest) con la sua queer crew Drama, il 24 marzo ha tirato fuori dalla Proto/Bat caverna Nina, la sua prima produzione. Chiudete gli occhi e fatevi prendere per mano da Nina, lasciatevi accompagnare da lei nel nuovo mondo, quando finalmente potremo ballarla tutt* insieme, nello stesso posto, nello stesso momento.

Altra cosa che Protopapa ha tirato fuori dal cilindro – insieme al socio Pierpaolo Moschino aka prp – è Fluidostudio: agenzia di music consulting, ma anche studio di sound e music production ed etichetta per artisti emergenti. Se fate un giro su Instagram (fluidostudio) e sul sito (fluidostudio.com) vi si apriranno numerosi e fantastici mondi, perché potete scoprire gli artisti, consigliatissimi tutti, attraverso delle playlist. Se non vi va di fare il giro perché è arrivata l’ora della diretta di Jo Squillo, segnatevi questi nomi (oltre a Protopapa): boyrebecca, David Blank, Alo, Vergo, Il Romantico. 

POI NON DITE CHE NON VE L’AVEVO DETTO. 

Andrea Populous Mangia

In attesa del 22 maggio, data di uscita del nuovo album W, il primo aprile Populous «ha uscito» insieme ad Emmanuelle (sì, quella di Italove aka ètuttoblucipiacedipiù) Flores no Mar

Sentitevi liber* di premere play, chiudere gli occhi e iniziare a pensare se nel primo gin tonic post riapertura del mondo ci volete o meno il cetriolo.

In questa periodo Populous oltre ad aver fatto venire l’acquolina in bocca praticamente ogni giorno ai follower delle sue stories di Instagram  (populousmusic), tra le varie cose ha compilato 5 playlist su Spotify Soothing sounds – music to slowly wash your hands to e contribuito insieme ad altri produttori alla compilation Distance Will Not Divide Us per sostenere Istituto Nazionale di Ricerca per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani.

Playgirls from Caracas

////////////////////////// ELECTRO CLASH ROCK SHOCK GNOCK & BAD TASTE dj-set

and STUNTWOMAN \\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\

A inizio queerantena hanno (FINALMENTE!) aperto la pagina Facebook dalla quale ogni sabato ci regalano un dj set casalingo in vinile, in puro stile Playgirls. L’ultimo, quello di sabato 4 aprile, si è svolto anche dalle pagine Criminal Queers from Venice e Il Barattolo, oltre che su Zoom, con una bella dance room twerkante. 

Il 28 marzo sono state le dj ospiti di #NonèCosa, il format creato da Non è Berlino per aiutarci a trascorrere queste giornate in attesa di tornare a ballare tutt* insieme al prossimo Fuck Normality Festival e a tutti gli altri bellissimi e super queer party #nonè(nome di città).

A proposito di liste ma anche di nomi, cose e città. Visto che per non farsi sopraffare dalla noia, oltre che play music si può anche play games, vi propongo un nuovo gioco. 

NON VEDO L’ORA

La base di partenza è nomicosecittà. Nella versione queerantena, il giocatore dovrà scrivere (o quantomeno pensare) i nomi delle prime cinque persone da abbracciare quando sarà possibile farlo, cose da fare all’aperto, città da visitare che vengono in mente.

Scopo del gioco è stimolare la fantasia,i ricordi e le emozioni. 

Enjoy!

Upgrade: condividete il gioco e i risultati, se vi va e con chi vi va, anche con The room.

Attenzione! nonèunpresidiomedicochirurgicomafatantobenelostesso

Bonus Playlist

Ho chiesto a Pupa, dj della queer community salentina prima ancora che la queer community salentina sapesse di esserlo, una playlist di un’oretta per TheRoom.

Guida all’ascolto (liberamente tratta da scambi di messaggi tra me e Pupa)

#1: «Sto ad un’ora e mezzo e non riesco a eliminare (…) sono quasi tutte hit a cui sono legata e che metto ogni volta che è possibile, più qualche outsider».

#2 : Nell’anteprima di Spotify la playlist si chiama ONLY_4_FUN, quando la si apre magicamente cambia nome e si chiama FUNNY GAMES. Magari salvatevela, perché potrebbe cambiare nome di nuovo contro la nostra volontà.

#3: Nella playlist che cambia nome quando vuole, c’è una traccia che non c’è (aprire per credere): Mediterranea di Giuni Russo (Disco Bambino Re-work). Scoperta grazie a Protopapa.

Sipario, applausi, SIGLA! (Questa volta per davvero).

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: