Bilancio dopo l’esperienza di un anno come rappresentante di classe in una scuola dell’infanzia.

Nell’ultimo anno sono stata rappresentante dei genitori nella classe di mio figlio. Inizialmente ho pensato che sarebbe stata un’esperienza come altre simili che avevo vissuto: la dirigenza del partito, la rappresentanza degli studenti universitari, la consulta comunale. Ma già forse dalla mia motivazione avrei dovuto rendermi conto di non confrontarmi all’interno di un consesso tra pari: per alcune delle mamme della scuola sono e sarò sempre un’estranea da evitare.

Le mie motivazioni erano in realtà due. La prima è che mi piace aiutare. E non è per avere qualcosa in cambio, è che mi piace vedere le persone felici o quanto meno serene. Non ho mai cercato il riconoscimento, preferisco sempre «sparire qui», starmene in una cauta retrovia. La seconda è che, vivendo lontana da casa, in un posto che non sento mio, speravo che a mio figlio fosse risparmiata l’esperienza della solitudine per sempre. In quest’ultimo scopo sono parzialmente riuscita: il mio bimbo ha un paio di amiche, e questo per me è importante. Anche i genitori di queste bambine sono molto piacevoli, credo che loro pensino la stessa cosa di me. Non sono però riuscita ad aiutare tutt*: non si può aiutare chi non vuole essere aiutato.

Mi sono sentita e mi sento ancora emarginata da alcune di queste persone, per di più in un luogo che non riesco a capire e forse non ne sarò mai capace. Ma dovrei averci fatto il callo: il mondo delle ragazze funziona così. Peccato, perché ero convinta di stare in un mondo di donne adulte, emancipate, solidali. Ma il mio discorso su ciò che la società si aspetta dalle donne e le pressioni che le donne sentono su di loro non deve aver avuto molta presa.

Probabilmente il giorno in cui noi tutte riusciremo a liberarci dallo stereotipo delle Plastics sarà sempre troppo tardi. Eppure alla fine di Mean Girls anche Regina George diventa un personaggio positivo.

Già, è in atto un non troppo velato tentativo, da parte di alcune, di sostituirmi. La cosa che però queste persone non sanno è che io mi sottrarrò alla contesa. È una cosa che non mi interessa, come litigare. Quando arrivano le idi di marzo, mica faccio come Cesare, non mi lascio accoltellare. Anche perché nella narrazione mi sono vista sempre più simile a Bruto. Ma mi sa che, in quanto a fisicità e a barba (causa menopausa), dovrò sostituire la r, come coloro che non la sanno pronunciare, e diventare praticamente un personaggio di Popeye.

Lascia un commento