Che cos’è una libreria, se non un rifugio in cui sentirsi bene? Quella del mio paese d’origine compie 60 anni.
Sono una persona piuttosto abitudinaria. Succede anche e soprattutto con gli esercizi commerciali. All’inizio sono selettiva, ma alla fine quando trovo un posto che mi piace lo “adotto”. È successo in ogni paese, in ogni città, in cui sono stata. E ovviamente ho più luoghi del cuore nella mia terra d’origine che altrove, non fosse altro che ci ho vissuto per più tempo.
Uno di questi è una libreria. Ma non è solo una libreria, è un luogo di ricordi. È da lì che viene il primo libro che ho letto interamente da sola quando ero piccola, Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo specchio, seguito dal secondo, Piccole Donne, e dal terzo, Senza famiglia, del quale fortunatamente ho dimenticato tutto tranne la tristezza che lo avvolgeva. (Essere bambini negli anni ’80 non era facile e ti dovevi sorbire un sacco di storie di orfani, non solo sui libri, pure nei cartoni animati, cosa non troppo diversa dalle serie tv di oggi, in cui gli adulti sono praticamente assenti, tranne qualche eccezione).
Un altro ricordo. Quando uscivamo presto da scuola, al liceo, ma non succedeva spesso, perché la mia sezione seguiva una sperimentazione e quindi ore in più degli altri, era lì che io e il mio più grande amico dell’epoca ci rifugiavamo. Compravamo volumi a poco prezzo, quei “Cento pagine mille lire“, oppure le raccolte di classici della Newton Compton. La nostra formazione letteraria, soprattutto quella poetica, non è iniziata così probabilmente, ma sicuramente il nostro legame con la lettura si è arricchito in questo modo. E ora entrambi – avendo fatto praticamente gli stessi studi successivi – svolgiamo un lavoro che ha a che fare, in modo diverso, con la lettura e la scrittura.
A volte dico, scherzando, che tengo più ai libri che alle persone. Però c’è un fondo di verità: alcuni libri sono meglio di alcune persone. Ci sono persone che ti annoiano, così come ci sono libri che ti annoiano. Ma con i libri è più facile, perché se ti annoi puoi passare a quello successivo, con le persone devi fare di tutto per essere gentile e non litigarci. Ma sto divagando.
Nel tempo, la libreria del mio paese è diventata il mio refugium. Quando mio figlio era neonato, per esempio, era diventata la tappa fissa del sabato mattina: è lì che gli ho preso il primo libro, I colori delle emozioni, letto ad appena un mese e mezzo di vita. E ogni tanto lo sfoglia ancora. Ora evito di portarcelo, perché rischio che, a mia insaputa, prende tutto il reparto bambini (e in quella libreria c’è praticamente una stanza a parte per i libri per l’infanzia) e lo porta in cassa. Qualche giorno dovrò spiegargli un po’ di cose.
Forse, come la mia esperienza, ce ne sono tante altre simili tra i miei compaesani. Dietro al bancone si sono avvicendate persone diverse nel tempo, ma la cosa bella è questa: non sono mai uscita senza acquistare nulla. Non sono una che ha bisogno di consigli, tuttavia ho sempre trovato competenza e conoscenza dall’altra parte del bancone, e questo è tornato particolarmente utile quando ho dovuto fare qualche mega-ordine per motivi di lavoro. Tutti, anche le persone come me che leggono tanto, hanno sempre bisogno di un piccolo aiuto, e questo non te lo può dare un computer, ma una persona. Insieme con gentilezza e risate. Che non sono qualcosa di secondario se stai facendo un’attività come lo shopping culturale.
Oggi la libreria del mio paese compie 60 anni. Mi piacerebbe essere lì per abbracciarvi e farvi gli auguri. Invece dovete accontentarvi di questo post. Buon compleanno Cartel!