C’è sempre un io e un noi quando si parla di politica. E sicuramente l’Italia è un Paese strano, in cui tutto arriva un po’ in ritardo. Le mie considerazioni su Il giovane Berlusconi.

Io c’ero nel 1994. E c’ero negli anni ’80 e guardavo I Puffi su Bim Bum Bam. Ma facevo anche altre cose. Nel 1993 sono stata accompagnata da papà a sentire un comizio di Massimo D’Alema. In quegli anni leggevo Cuore e avevo il mito di Achille Occhetto. Era prima, molto prima di diventare una vedova della sinistra, di diventare quello di cui mi hanno sempre accusato ma che al tempo non ero: una che non sa scindere etica ed estetica. Ed era prima che pensassi con nonchalance mentre un amico mi raccontava, tra un Gian Maria Volonté e l’altro, di un oscuro passato sovietico non narrato sui libri di storia.

Chi è stato e chi è per me Silvio Berlusconi? Nessuno in realtà. È uno iato nella storia. È una figura sfocata e lontana. È quel punto rosso che è diventato un punto nero e quando si invecchia come sono invecchiata (male) io finisci per pensare: «Qvando c’era lvi» (e non è un caso che anche quel LVI fosse prima un punto rosso e poi un punto nero, ma in Italia mi sa che va così). Però non l’ho mai visto davvero come un nemico. Neppure ora che è morto e ci dobbiamo sorbire tutta quell’agiografia che non cancella ciò che è successo prima, non cancella quella domanda che ripercorre Il Caimano di Nanni Moretti.

Il giovane Berlusconi parla di un Silvio Berlusconi quasi maturo e uno ben più maturo. Nel senso che la narrazione si interrompe al 1994, quando aveva 58 anni, ma anche quella relativa agli anni ’70 non è che ci restituisce un imprenditore imberbe – sebbene si radesse, il fatto che odi barba e baffi è un dettaglio che emerge nel documentario. L’idea della giovinezza è in effetti un aspetto di quell’agiografia di cui parlavo: non manca nessuna delle persone vicine a Berlusconi negli affari e nella politica – con l’eccezione della sua famiglia – però l’effetto che fanno è stridente. In altre parole decantatore e decantato non ci fanno esattamente una bella figura, anche se mi sono ritrovata a chiedermi che effetto possa fare questa miniserie su un berlusconiano convinto e non su un’indifferente quale sono io.

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È difficile non seguire la linea logica. Berlusconi, giungendo in ritardo come si fa sempre in Italia – dove nell’800 avevamo Alessandro Manzoni mentre altrove c’erano Fyodor Dostoevsky e sir Walter Scott – ha cambiato il modo di fare telecomunicazione. Questa è una realtà con cui fare i conti, ed è innegabile. Eppure tenta fare due più due: la società creata oggi è figlia di quella televisione degli anni ’80. Si dice che negli anni ’60 le generazioni non siano mai state così distanti come in altri periodi della storia, ma io noto che questa differenza si è amplificata fino a oggi e il conflitto generazionale sia anche frutto di ciò che siamo stati, nella comunicazione prima e nella politica poi.

È colpa/merito di Berlusconi? Sì, lo è. Ma immaginare che tutto questo sia stato pensato prima sarebbe attribuirgli cattiva fede (e non sarebbe vero). L’imprenditoria, la tv, la politica sono cose che non sono capitate, ma che Berlusconi ha in effetti colto. Per opportunità, certo. Ma non c’era nulla di preordinato in un ragazzo che leggeva Erasmo da Rotterdam e non certo una magica sfera di cristallo.

Berlusconi è morto in un giorno che a volte ci è parso non sarebbe arrivato così presto – la longevità della madre era parsa a tutti un indice di ottima salute. Ci ha colti di sorpresa e ci ha travolti. Ma io non credo che il berlusconismo morirà mai, come una volta disse una persona molto più intelligente di me. Se dovessimo dire che anche Giorgio Gaber aveva ragione e che Berlusconi è dentro ognuno di noi non diremmo una bugia. È un bene? È un male? Non lo so. Attribuire pregi e difetti non è una mia dote. Io, come voi, posso solo mettermi alla finestra e vedere cosa accadrà domani. E registrare la storia, non cancellarla.

2 commenti

  1. Nemmeno io ho mai odiato Berlusconi. Ho sempre pensato che fosse espressione di un sistema che esisteva prima di lui. Di suo ha solo provveduto a fornire quella verniciata mediatica che ha permesso al vecchio sistema di cambiare tutto, mantenendo lo status quo ante. Ma, come si usa dire: nessuno è indispensabile. Per cui: morto un papa se ne fa un altro. Si che è stata portata sul trono la caciottara per poter ripetere la stessa furba operazione gattopardiana, in cui noi italiani siamo maestri.
    Nemmeno io ho mai odiato Berlusconi, ma neanche Meloni. Però, quando cercavo di fare notare quanto fossero vecchi come personaggi e rappresentanti del peggio del peggio della nostra società, mi son sentito dire che li odiavo e che ero un comunista. E che i comunisti avevano fatto 500.000.000 di morti nel mondo. Questo per dire quanto possano essere state introiettate certe sciocchezze in perfetto stile goebbelsiano. Potenza dei media? No, piuttosto credo che non ci sia peggior sordo di chi non vuol sentire. E peggior cieco di chi non vuol vedere.

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    1. la penso come te. però francamente questo governo mi fa paura. non so se sono io che vedo e leggo troppa distopia (nel senso di fiction tipo libri e serie tv), ma credo che sia anche questo a darci la misura di quanto potrebbe mancarci, in un modo completamente avulso dalla storia, l’era politica berlusconiana. d’altra parte c’è un sacco di gente che rivorrebbe la prima repubblica. noi italiani siamo bravissimi con la nostalgia fuori luogo. (ps: ho comprato un saggio che si chiama “mussolini ha fatto anche cose buone”. spero di leggerlo quanto prima e scriverne qui, anche se a volte questa realtà mi spinge proprio a rifugiarmi nella fiction).

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