Sono passati 35 anni dall’uscita al cinema ma Breakfast Club resta nell’immaginario collettivo per molte ragioni e non solo tra gli adolescenti.

«Le viti sono sempre cadute. Purtroppo viviamo in un mondo imperfetto, non possiamo cambiarlo.»

Sapete da dove arriva l’espressione di Bart Simpson «eat my shorts» cioè «ciucciati il calzino»? E sapete a chi è ispirato il personaggio di Bender in Futurama? Avete mai letto un libro di Chuck Palahniuk intitolato Dannazione? Avete mai visto in alcuni teen drama un episodio in cui un gruppo eterogeneo di studenti sono stati reclusi insieme per punizione in un’aula?

Ho deciso di scrivere questo articolo dopo che, nelle scorse settimane, a pochi giorni l’una dall’altra, ho visto due episodi di due diverse serie tv chiaramente ispirati al film Breakfast Club (uno anche con inside joke inaspettato). E mi sono ritrovata a chiedermi come mai un film del 1985, ideato, scritto e diretto da quel geniaccio di John Hughes non sia invecchiato di un giorno. Perfino gli abiti dei cinque protagonisti non sono passati di moda.

Il film parla di cinque adolescenti molto diversi che sono costretti a restare insieme per alcune ore di punizione, all’interno di una biblioteca scolastica. Non si conoscono, nonostante facciano parte della stessa classe – per classe, negli Stati Uniti, si intende il gruppo di studenti di un intero anno scolastico – e non si sono simpatici. C’è Claire, che è la principessina del suo papà: mangia sushi da asporto, va a fare shopping nei negozi alla moda ed è una ragazza popolare. C’è Andy, che è un quaterback ed è l’orgoglio di suo padre anche nelle esternazioni di machismo tossico. C’è Allison, che cerca in tutti i modi di attirare l’attenzione, soprattutto dei suoi genitori, ma non è compresa e viene dipinta a scuola come un’emarginata. C’è Brian (anagramma di «brain» cioè «cervello»), un nerd quando i nerd non erano fichi, che viene spinto a primeggiare a scuola dai suoi genitori. E infine c’è John Bender, un disadattato e criminale per molti, ma in realtà il prodotto di un ambiente che l’ha preso da sempre a pugni in faccia, a cominciare (letteralmente, sic!) dalla sua famiglia.

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Ci soffermiamo un attimo su John Bender, perché è probabilmente il personaggio più amato del film. È interpretato da Judd Nelson ed è lui che dice «eat my shorts» al preside che gli assegna molti nuovi giorni di punizione. Ed è a lui che è ispirato Bender Rodriguez (anche se il sigaro viene da un’altro personaggio di Hughes, cioè Chet, interpretato da Bill Paxton ne La donna esplosiva). Si travestono tutti da John Bender anche i protagonisti di How I Met Your Mother per una festa in costume – anche se poi Barney afferma che l’eroe di Breakfast Club sia in realtà il preside, perché è l’unico a portare il completo.

La verità è che guardando Breakfast Club è facile empatizzare e immedesimarsi nei suoi protagonisti, anche nel momento in cui lo spettatore ha lasciato da parecchio l’età dell’adolescenza. Tutti noi ci siamo sentiti soli, tutti noi almeno una volta nella vita abbiamo provato rabbia o risentimento per la generazione che ci ha preceduti. Breakfast Club è un manifesto generazionale sì, ma che si rinnova nel tempo, perché racconta di sentimenti che non passano certo di moda (un po’ come gli abiti di cui sopra).

Nel tempo, ho ritrovato Breakfast Club citato visivamente o nei dialoghi di molte opere che ho amato. Partiamo da Dogma di Kevin Smith, in cui i personaggi di Jay e Silent Bob vanno in Illinois per cercare la città fittizia di Shermer, dove è ambientato appunto Breakfast Club insieme con altri film di Hughes.

Non mi ha appassionata come il suo seguito Sventura, ma Dannazione di Palahniuk è un bel libro. Nel romanzo la tredicenne Madison Spencer muore e va all’inferno. Scopre che l’inferno è un mega call center in cui sono impiegate varie persone – morte come lei – per punizione. Tra questi impiegati di call center ci sono quattro personaggi ispirati a Breakfast Club, tra cui l’atleta Patterson, la cheerleader Babette, il punk Archer e naturalmente il nerd Leonard (e sì, curiosamente il nome del nerd è lo stesso di uno dei protagonisti di The Big Bang Theory). 

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Tra le citazioni notevoli, ricordiamo anche quella nella sceneggiatura del primo Pitch Perfect, quando viene raccontata la genesi della colonna sonora Don’t You (Forget About Me).

In numerose serie tv, dicevo, c’è una puntata tributo. Tra quelle più importanti ricordiamo Dawson’s Creek, la recente I’m Not Ok With This ma soprattutto Riverdale. Cos’ha di speciale questa citazione di Riverdale? Semplice: il preside della scuola è interpretato da Anthony Michael Hall, che nel film era il nerd Brian.

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