Negli anni ‘80 il must per i film d’azione era farne una saga lunga diverse pellicole. Al novero si aggiunge, anagraficamente appena in tempo, Die Hard.

di Paolo Merenda

Il primo capitolo di Die Hard è infatti uscito nel 1988, e in Italia con il nome Trappola di cristallo, bello comunque, ma dato prima che si capisse la portata del franchise. Perché resta nella memoria dei cinefili la storia e la prima lotta tra John McClane e Hans Gruber, un villain interpretato dal compianto Alan Rickman (che anni più tardi avrebbe dato il volto a Severus Piton in un’altra saga, quella di Harry Potter). Anche RottenTomatoes conferma la buona riuscita, con un 94% di gradimento che parla da sé.

Bruce Willis ha reso credibile la sfida 300 contro 1, chiuso in un palazzo e quasi da solo responsabile dell’annientamento di tutti i nemici, fino allo scontro finale, quando si ritrova con meno proiettili rispetto al numero dei cattivi (uno dei quali tiene in ostaggio sua moglie). Com’è ovvio, l’eroe vince ugualmente.

Trovo che Die Hard e altre serie, quindi Rambo, Arma letale, Terminator e qualche altra, siano state realizzate al momento giusto, aiutate dalla presenza di uomini con doti attoriali più che buone unite a una spiccata fisicità, che però non dura un intervallo di tempo infinito. Die Hard, in particolare, torna due anni dopo, nel 1990, con 58 minuti per morire – Die Harder, e nel 1995 con Die Hard – Duri a morire. Dovranno poi passare dodici anni, fino al 2007, per vedere Die Hard – Vivere o morire, e infine si arriva al 2013, Die Hard – Un buon giorno per morire. Cosa ci dicono le date? Che un giovane Bruce Willis ha interpretato tre volte John McClane in sette anni, per poi tornarci solo da persona più matura con il quarto capitolo, per me croce e delizia.

Croce perché in Vivere o morire, a mio avviso, accade il salto dello squalo, ovvero quel momento in cui ci si accorge che inizia la fase calante. Sempre più scatenato e di conseguenza meno credibile, Bruce Willis in una scena affronta un jet armato di missili e mitragliatrice, a bordo di un camion. Com’è ovvio, l’eroe vince ugualmente. Eccovi il filmato, con tanto di salto da un aereo in volo.

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Delizia, perché è il degno cadeau ai fan di Die Hard, con il passaggio nell’era digitale di un poliziotto sopra le righe e decisamente analogico. La verve comica di Willis ma un po’ di tutti i personaggi, grazie all’ottima sceneggiatura, fa il resto. Senza dimenticare la presenza di Kevin Smith, che interpreta un hacker smanettone il quale dà una mano ai buoni. Tutto sommato godibile.

Lo stesso discorso si può fare per il quinto e finora ultimo capitolo, in cui fa il suo ingresso il figlio di John, Jack McClane, per un virtuale passaggio di consegne che però da allora non ha avuto seguito sul grande schermo.

Come tutti i film degli anni ‘80, le curiosità su Trappola di cristallo non mancano: è basato su un libro di Roderick Thorp, dal titolo Nulla è eterno, Joe, del 1979, a sua volta seguito di un altro romanzo sempre di Thorp, The Detective, del 1966. Ebbene, nel 1968 ci fu la trasposizione cinematografica di The Detective, dal nome italiano Inchiesta pericolosa, con Frank Sinatra come protagonista.

Inoltre, Bruce Willis ha avuto degni avversari per ricoprire il ruolo nel 1988: Arnold Schwarzenegger e Sylvester Stallone, ovviamente, ma anche Charles Bronson, Burt Reynolds e Richard Gere. Alla fine, a mio avviso è stata fatta la scelta migliore, e anche una delle più conservative: Bruce Willis ha affermato in un’intervista che vorrebbe girare Die Hard 6 prima di appendere la Beretta 92 al chiodo, e nonostante abbia 66 anni sarebbe ancora credibilissimo, con la giusta trama.

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