Il 1955 è stato un anno molto caldo per i diritti degli afroamericani, fino ad allora fermi a un punto che necessitava di progredire.

di Paolo Merenda

Molti di voi conoscono la storia di Rose Parks, la donna afroamericana che decise di non lasciare il suo posto a un bianco su un autobus. Era l’1 dicembre 1955. Ma spieghiamo bene cosa successe e quali erano le norme da seguire su un mezzo pubblico.

Gli autobus a Montgomery, capitale dell’Alabama, così come in tutto lo stato, erano allora strutturati in questo modo: c’erano due porte, una anteriore per i caucasici e una posteriore per gli afroamericani. Inoltre all’interno c’erano dieci posti cosiddetti bianchi all’inizio, destinati solo a persone caucasiche. Nel fondo erano presenti dieci posti neri, appunto per gli afroamericani, e nel mezzo sedici posti “colorati”, per entrambe le etnie, ma solo fin quando nessun caucasico fosse rimasto in piedi. A quel punto, l’usanza era che gli afroamericani scalassero di un posto verso il fondo e lasciassero il primo posto colorato a un bianco. Quando tutti i posti intermedi fossero stati occupati e fosse salito un bianco, una persona di colore si sarebbe dovuta alzare per farlo sedere.

Ebbene, Rose Parks non si attenne alla regola e venne arrestata per condotta impropria e violazione delle norme cittadine. Ma Rose Parks, nata nel 1913, nel 1955 aveva già 42 anni, nel 1932 aveva sposato un uomo, attivista per i diritti civili, e dal 1943 era a sua volta segretaria della sede di Montgomery (città dove avvenne il caso che le portò le luci della ribalta) della Naacp, National Association for the Advancement of Colored People. Ancor prima dell’episodio del bus, aveva seguito il lavoro di Martin Luther King, uno dei maggiori esponenti della storia sui diritti civili per gli afroamericani.

Ma il 2 marzo dello stesso anno, il 1955, l’allora sedicenne (e al momento in cui scrivo, ancora in vita) Claudette Colvin, fu la prima di cui si ha notizia a fare una cosa del genere, e alla protesta del conducente dell’autobus rispose che, avendo pagato il biglietto, aveva diritto a un posto a sedere. Successivamente spiegò il suo gesto dicendo che la storia l’aveva bloccata al suo posto: aveva sentito come due mani che la tenevano ferma a sedere, da una parte la forza morale di Harriet Tubman e dall’altra quella di Sojourner Truth, due attiviste vissute nel 1800 e che sono state una parte fondamentale per l’abolizione della schiavitù. Non c’è da stupirsi che, dopo l’arresto da parte dei poliziotti di Montgomery, divenne un’attivista.

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Ormai, infatti, qualcosa era scattato nella mente dei neri, costretti a norme discutibili come queste: il 19 aprile, sempre a Montgomery, l’arresto toccò all’attivista Aurelia Browder, che addirittura si sedette in uno dei posti bianchi, per manifestare silenziosamente contro la norma dei sedili colorati. Il 21 ottobre, circa un mese prima di Rose Parks, a non volersi alzare dal suo posto (con conseguente arresto) fu Mary Louise Smith.

Un particolare fa capire anche come a Montgomery si attendeva da un momento all’altro la rivolta: fino a Mary Louise Smith, appena veniva disattesa la regola il conducente dell’autobus fermava il mezzo e chiamava i poliziotti. Rose Parks rimase seduta placidamente per tre fermate prima che l’autista prendesse provvedimenti.

Da lì, il 5 dicembre 1955, scoppiò il boicottaggio dei bus a Montgomery da parte degli afroamericani, e il caso giudiziario Browder contro Gayle, partito l’1 febbraio 1956. La causa arrivò fino alla Corte Suprema, che il 13 novembre dello stesso anno abolì i posti discriminatori in tutta l’Alabama. Solo il 20 dicembre arrivò una comunicazione ufficiale a Gayle, sindaco di Montgomery, e il boicottaggio degli autobus terminò la mattina successiva, il 21 dicembre 1956, con l’abolizione dei posti “per colore”. A dare man forte nelle varie fasi della protesta ci fu Martin Luther King in persona, che prese anche simbolicamente l’autobus del 21 dicembre 1956 insieme ad altri attivisti dell’epoca.

Tra l’altro Claudette Colvin, oggi 82enne, non disdegna qualche intervento per parlare della molla che le scattò nella mente, quel 2 marzo di 66 anni fa, che le fece fare un gesto coraggioso e inedito, in nome di chi aveva abolito la schiavitù e in nome dei suoi fratelli e sorelle afroamericani che meritavano di non essere mai più discriminati. A partire da un posto sull’autobus.

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