Ho visto Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente. Un grande film ma rivoluzionario per ragioni diverse dalla saga iniziale. L’articolo contiene spoiler, non leggete se non avete il libro o visto il film.

A ben guardare, in teoria, Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente avrebbe potuto essere un’altra saga rispetto a quella iniziale. Spazio per la narrazione c’è, anche se parentele e legami si intuiscono quasi completamente. Nel libro, come nel film, non si capisce però cosa accada davvero tra Coriolanus Snow e Tigris: alla fine de La ballata dell’usignolo e del serpente, i due cugini sono in rotta per ragioni filosofiche. Ma cosa spinge Tigris a diventare una stilista degli Hunger Games? E come fa Coriolanus, il cui destino sembra quello di uno stratega, a diventare presidente di Panem?

Qualche piccola lacuna è completata dal film. Nel libro si intuisce che Lucretius Flickerman sia in qualche modo legato a Cesar Flickerman, ma nella pellicola si lascia intendere che sia il padre, attraverso una scena in cui il conduttore fa una prenotazione al ristorante, chiedendo espressamente un seggiolone. C’è la genesi di The hanging tree e del perché la musica sia vietata nel Distretto 12 – nel libro viene spiegata meglio.

Ma al netto di tutto resta una consapevolezza: Lucy Gray Baird non sarà mai Katniss Everdeen. Se c’è infatti una ragione per cui la saga creata da Suzanne Collins è rivoluzionaria è proprio l’idea di un’eroina e non un eroe in una distopia. Perfino in Brazil, che è tratto da 1984, l’eroina femminile non è una vera eroina, o meglio è solo immaginaria. L’attrice che hanno chiamato a interpretare Lucy Gray penso sia molto brava, perché riesce a rendere bene l’antipatia che il personaggio suscita nel libro. Lucy Gray non è Katniss, perché è troppo poco popolare e molto aristocratica. Ti dà l’idea di una nobile decaduta che vicino al ritratto di famiglia continua a sentirsi migliore degli altri. Katniss è ritrosa e riservata, ma coraggiosissima. In alcuni punti sembra un po’ egoista, ma chi non lo sarebbe al suo posto, quando stai rischiando di perdere tutto, compresa la vita?

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Indubbiamente il personaggio più affascinante ne La ballata dell’usignolo e del serpente è proprio Coriolanus Snow. Che è ambizioso, trama e uccide. Ma al tempo stesso non si riesce a non trovare in lui una ragione per trovare l’orrore e la bellezza al tempo stesso del libero arbitrio che è proprio dell’essere umano. Per questa ragione io, da lettrice e spettatrice, ne vorrei di più. Vorrei sapere più profondamente che cosa accade dopo. Vorrei sapere di quella vittoria di Haymitch, vorrei sapere di Effie, di Plutarch. Vorrei sapere del Distretto 13. Vorrei vedere crescere sempre più la crudeltà in Snow. Anche se, alla luce della saga iniziale, tutti noi sappiamo che non è lui il male maggiore. Katniss e Snow sono due facce della stessa medaglia, due persone che hanno affrontato povertà, fame e rischio di morte costante. Ma in modo diverso diventano quello che sono.

Si può tifare per il cattivo? Certo che no. Nessuno finisce per tifare per Snow e per gli Hunger Games. E al tempo stesso vogliamo sapere cosa succede, anche se tutto è già successo, nelle dittature che sulla carta o sullo schermo vengono ritratte, dallo stalinismo al nazismo per lo più (per le madri di Plaza de Mayo dovremo rivolgerci al ben più blasonato The Handmaid’s Tale). È questo il fascino proprio degli Hunger Games: permetterci di guardare al passato per poi osservare oltre. Perché talvolta niente è più vero di una fiction ben concepita.

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