Il 3 aprile, Netflix rilascerà la quarta stagione della serie tv spagnola.
«Guardala come i fiori che crescono nell’asfalto screpolato.»
Sarò sincera, La Casa di Carta mi suscita dei sentimenti contrastanti. Non mi fa impazzire, non la inserirei neppure nel novero delle mie 100 serie preferite, eppure non riesco a smettere di guardarla. È buffo. Tutto è iniziato per lavoro e adesso aspetto le nuove puntate quasi con ansia. Ora vi spiego le cose che mi piacciono e le cose che probabilmente non capisco, riassumendo cosa è accaduto in queste tre stagioni.
Mi piace, mi piace, mi piace: il Professore, Sergio, interpretato da Alvaro Morte. Be’, dire che è sexy è poco. È chiaramente un personaggio di maniera, un po’ Sheldon Cooper un po’ Benjamin Button. Uno che è nato vecchio insomma, per poi ringivanire, con un sacco di idiosincrasie, che cavalca l’interesse per il nerd che negli ultimi anni sembra una cosa quasi scontata. L’attore è bello bello bello in modo assurdo e il personaggio è interessante. L’abbiamo lasciato in un momento particolare: la polizia ha scatenato in lui la paranoia, facendogli credere che Raquel/Lisbona, la sua amata, sia stata uccisa. E lui ha dato il via per un piano potenzialmente suicida: perché non ha niente da perdere.
Ottimo personaggio ma forse esageriamo: Berlino. Come si scopre a un certo punto della serie, Berlino alias Andres, è il fratello del Professore. Si tratta di un personaggio abbastanza particolare, che si finisce per amare nonostante la sua misoginia. È lui che pronuncia la frase che ho riportato nella citazione iniziale. Muore alla fine della seconda stagione, ma nella terza è presente nei flashback per illustrare il nuovo piano: dopo aver rapinato la zecca di stato, la banda dei Dalì si accinge a rubare l’oro, «l’unico oro che valga la pena di rubare», ossia la risorsa aurea di Spagna. Capisco che il fatto che la serie sia stata rinnovata, nonostante i piani iniziali di concluderla alla seconda stagione, abbia costretto gli sceneggiatori a recuperare dall’oltretomba un personaggio molto amato dal pubblico. Ma, come ci ha insegnato George R.R. Martin, bisogna saper osare, a costo di compiere un regicidio (Ned Stark in Game the Thrones docet).
L’inutile contorno. Parliamo del grosso dei personaggi. Parliamo di Tokyo, l’elemento sexy che potevamo risparmiarci. Parliamo di Helsinki e della sua liaison con Palermo, un tempo innamorato a sua volta di Berlino – una storyline quasi inutile. Parliamo di Denver e Stoccolma, perché non è che sia sempre necessario inserire la storia d’amore o il personaggio parodiato. Il modo in cui Denver si dimostra ladro gentiluomo dal cuor d’oro è abbastanza stucchevole. Poi ci sono i defunti Mosca e Oslo, che ricordiamo solo perché sono morti ed erano uno il padre di Denver e l’altro il cugino di Helsinki (restano uccisi entrambi nelle prime due stagioni).
La mia preferita: Nairobi. Femminista, forte ma anche buona. Non è però buona come Denver, cioè non si tratta di un personaggio stereotipato: Nairobi ha fatto un percorso di vita. Da spacciatrice a cui hanno tolto il figlio – era una madre davvero pessima e lei se ne rende conto – è diventata una ladra che non vuole spargimento di sangue. Eppure nelle ultime scene viene colpita a tradimento, mentre la ricattano mostrandole il figlio che non vede più da anni.
L’elemento che ti fa arrabbiare: ce ne sono due, Arturito e Alicia Sierra. Partiamo con il primo: ex amante di Stoccolma, la mette incinta, ma durante la prima rapina lei si innamora di Denver e decide di crescere il figlio con lui. Nella seconda rapina, Arturito si è fatto una fama di eroe, mentendo su ciò che è accaduto nella zecca di stato, e ora rivuole a tutti i costi Stoccolma e il figlio. Alicia è l’ispettrice che sostituisce Raquel, diventata Lisbona e unitasi alla banda dopo essersi innamorata del Professore. È senza scrupoli: è lei che fa sparare a tradimento a Nairobi, è lei che manda i carri armati contro i ladri asserragliati insieme agli ostaggi (carri armati che finiscono in cenere, con il loro carico umano), è sempre lei che fa credere al Professore che Raquel sia morta. Non pensavo che una donna incinta potesse mai risultare così odiosa: questo è un elemento di novità e pregio nella serie. È un po’ il corrispettivo di Donald Sutherland in Sorvegliato speciale.