Totò scompariva il 15 aprile 1967, lasciandoci un’eredità di risate e di poesia.
di Paolo Merenda
In un’era come questa, dominata dallo streaming, ormai tutti, non solo i Millennial, vi si affidano per vedere film o spettacoli tv. Nelle ultime settimane poi, con il pericolo coronavirus fuori la porta di casa, molti siti e piattaforme stanno rendendo gratuito il servizio. Non solo quelli dai contenuti più prosaici, ma perfino quelli “di settore”, diciamo, come Pornhub. Quindi con orgoglio posso dire che… No, non quello che pensate, non c’entra Pornhub, resterà nel mistero quante volte lo visito al giorno. Posso dire con orgoglio, dicevo, di non aver mai visto un film di Totò (1898-1967) in streaming, ma sempre in tv, e intendo una buona parte della sua vasta produzione, formata da quasi 100 film (se non ci fosse stata la pausa per la Seconda Guerra Mondiale sarebbero stati molti di più). In particolare, i primi mi sono fermato a guardarli passando da un gioco all’altro, quando ero un bambino e i miei genitori li vedevano in tv. All’epoca ero incuriosito dal motivo per cui mamma e papà ridevano in pratica sempre, vedendo questo tizio dal mento storto (dovuto a un pugno involontario durante il suo periodo al collegio Cimino, ma l’episodio ha preso l’aura della leggenda e talvolta ne viene messa in discussione la veridicità). Alcune cose le capivo, mentre altre, come la celebre gag «una colonna e un puttino» dal film Signori si nasce, le ho capite molto dopo.
Quindi, non potevo non ricordare Totò a 53 anni dalla sua scomparsa (è morto il 15 aprile 1967) perché è sì il Principe della Risata, è sì un monumento eterno che porta Napoli nel mondo ancora adesso, ma è anche e soprattutto uno dei migliori attori italiani di tutti tempi.
Elencarne i film, da Fermo con le mani di Gero Zambuto del 1937 (in cui esordì subito come protagonista grazie a una gavetta lunga un decennio in teatro) a Capriccio all’italiana, uscito postumo nel 1968 e in cui venne diretto da Pier Paolo Pasolini e Steno, sarebbe inutile. Appunto perché prima di ciò c’è stato il teatro, e verso la fine della sua vita anche un telefilm (Tutto Totò, 1967) in cui ha recitato, in un episodio in particolare, con Corrado, celebre volto del piccolo schermo.
Passo allora a elencare i migliori momenti artistici della sua vita.
O improvvisazione o nulla
Totò aveva un modo particolare per recitare. Specialmente con Peppino De Filippo, spalla storica, un sodalizio durato decenni. Spesso veniva detto loro il senso della scena, qualche parola precisa da usare qua e là, e il resto veniva affidato al loro estro. Renzo Arbore tempo fa parlò di una sceneggiatura che aveva potuto visionare in originale, purtroppo non mi sovviene e non trovo il film in questione, ma ricordo che la scena è una di quelle iconiche. Sulla sceneggiatura c’era scritto «Entrano Totò e Peppino». E basta. Loro due sapevano cosa fare.
Un’altra particolarità è legata ai tempi per recitare, da cui mi sono fatto l’idea che il nobile Antonio de Curtis (Totò teneva tantissimo ai suoi titoli nobiliari) fosse uno di quelli a cui non dovevi rivolgere la parola per almeno due ore dopo la sveglia. Se aveva scene di mattina, spesso le disertava, e se messo alle strette diceva chiaro e tondo che non si poteva far ridere il pubblico la mattina, appena svegli. Per la celebre scena della vendita della fontana di Trevi (dal film Totòtruffa ’62), dovettero andare a cercarlo più volte, dato che la fontana poteva sì essere chiusa al pubblico, ma come tutti quelli che fanno film sanno, le scene lì vengono girate all’alba.
Miseria e nobiltà, il capolavoro
Tanto per cominciare, se proprio bisogna fissarlo, un capolavoro, per Totò. A me piace di più Totò Diabolicus, qualcuno può preferirne un altro. Ma Miseria e Nobiltà del 1954, alla regia Mario Mattoli, è quello più replicato e citato in qualunque salsa, anche nei pastorelli in vendita a San Gregorio Armeno a Natale. Un consiglio, quello di lui che mette gli spaghetti in tasca. Non c’azzecca niente con san Giuseppe e i Re Magi, ma è bellissimo.
Davvero, si pensi solo ai nomi: opera originale del 1888 di Eduardo Scarpetta, un commediografo immenso, che ha cambiato il volto del teatro. Due dei numerosi figli sono Peppino De Filippo, la già citata spalla storica, ed Eduardo De Filippo (non presenti su questa pellicola), messo a ragione sullo stesso piano di Luigi Pirandello, Carlo Goldoni e Dario Fo, e candidato al premio Nobel per la Letteratura. Tra gli attori, una chicca: Sophia Loren nel ruolo di Gemma, la figlia del cuoco. Non sto qui a raccontare la trama, ma vedetelo se non l’avete ancora fatto.
Malafemmina, ‘A livella: canzoni e poesie di Totò
L’eclettico artista partenopeo si dilettava anche a scrivere canzoni e poesie di assoluto spessore. Una canzone su tutte, Malafemmina, è stata anche inserita in un suo film, e ha pubblicato una raccolta di poesie che prende il titolo dal brano più rappresentativo, ‘A livella. Certo, il titolo ne indica una delle migliori, ma le liriche sono tutte diverse, alcune dal contenuto fortemente politico, critiche feroci oltre a componimenti per celebrare la sua terra, Napoli, e i napoletani.
La fine della carriera
Merita un capitolo a parte, perché nella sua ingenuità e modestia, Totò non era sicuro di aver già lasciato un segno indelebile. Quindi, prese parte a film sempre più impegnati, affidandosi a un altro genio che sapeva guardare davvero al futuro, Pier Paolo Pasolini. Su Uccellacci e Uccellini del 1966 non mancano aneddoti, due su tutti. Il primo è legato al modo di lavorare: Pasolini gli chiese di rispettare gli orari mattutini e le scene, e con sommo stupore di tutti (perfino della moglie) lui lo fece, anche quelli mattutini. Il secondo aneddoto, però, ne spiega in parte il motivo. Alla moglie Franca, poco prima della morte, disse:
«Di quello che facciamo non capisco niente. Non so che film stiamo facendo. Pier Paolo mi spiega le scene e io eseguo con l’entusiasmo di un principiante perché sento che mi posso affidare a lui completamente».
Un uomo dietro una maschera, finalmente maturo. Chissà cosa avrebbe potuto fare con questa nuova voglia di fare e provare. Invece, il sodalizio con Pasolini si interruppe l’anno dopo, alla sua morte.
Parlo di quella fisica, il suo genio resterà sempre vivo in noi.