La regista salentina ha realizzato un corto a partire da una collaborazione condivisa: moltissime persone le hanno inviato delle clip su ciò che vedevano fuori dalla finestra.
C’è un libro per bambini molto piccoli che ultimamente mi piace molto. È di Emile Jadoul e si intitola Dalla finestra. Ci sono degli animaletti che guardano dalla finestra: prima un cervo, poi il cervo con il coniglietto, quindi si aggiunge il maialino e infine l’orsetto. Gli animali sembrano agitati dall’arrivo del lupo, ma in realtà quel loro stare alla finestra segna un’attesa, l’attesa per cui non tutto è come sembra.
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Mi viene naturale, quando penso a qualcuno che osserva dalla finestra, il riferimento a quel libro. Ed è così che mi sono approcciata alla visione di Quarantena – Anno 0 di Chiara Idrusa Scrimieri. Un passo indietro: i lavori di Idrusa sono poetici e intensi. Stavolta pero sulla carta la questione era un po’ diversa: attraverso il passaparola e un appello social, la regista ha chiesto agli abitanti di Gallipoli di filmare ciò che vedevano dalla finestra durante il loro periodo di auto-isolamento a causa dell’epidemia di coronavirus.
Un’iniziativa del genere, sulla carta, non sembra appetibile per una serie di ragioni. La prima è campanilistica: ogni salentino ha nel cuore una marina. Io per esempio non sono una grande amante di Gallipoli, Otranto è più la mia città. La seconda è cinematografica: come sarebbe stato un lavoro del genere, la cui materia prima non sarebbe stata prodotta da addetti ai lavori ma da persone armate di smartphone? La terza è filosofica: ci sono tante, troppe iniziative sulla quarantena.
La visione, fin dalla prima scena, di Quarantena – Anno 0 fuga tutte le perplessità. Emerge tutta la forza di una città bellissima, elegante, fiera. Emerge il silenzio, coperto da una musica, montata sulle immagini, e delle voci di tanto in tanto. E poi un canto religioso, che sembra quasi profetico. «Ti porteremo lungo le strade» recita quella canzone tipica delle processioni del Sud Italia, che suona un po’ come «Ritorneremo lungo le strade». Anche a un’atea come me è sfuggita una lacrima di commozione.
Il rilascio del corto non è casuale nella giornata di ieri, Venerdì Santo. A Gallipoli, tradizionalmente, la giornata è dedicata a una suggestiva processione di penitenti incappucciati. Ma ora, nel filmato, le strade sono deserte, flagellate dalla grandine o inondate dalla luce del sole che, come in una poesia di Borges «brilla definitiva e spietata».
È come se tutti in questi giorni siamo alla finestra, a spiare l’arrivo del lupo. Ma come nel libro per bambini, il lupo non rappresenta il male – il coronavirus nella mia metafora – ma rappresenta l’arrivo di qualcosa di bello, di quel momento in cui potremo riprendere le nostre esistenze da dove le avevamo lasciate, magari con una grande festa.
Per adesso resta la bellezza. Rigorosamente da guardare alla finestra.