Analisi semiseria della hit che ha reso celebre Fabio Rovazzi, genio un po’ pazzo con una gran testa.

Non so se son pazzo
O sono un genio
Faccio i selfie mossi
Alla Guè Pequeno
Non mi fumo canne
Sono anche astemio

Non sono una persona che esce molto. Non ascolto la radio mainstream. L’algoritmo di Spotify mi conosce meglio di mia madre. È per questo che ho conosciuto Andiamo a comandare di Fabio Rovazzi molto tardi. Era estate, ero in una piscina pubblica ed è partito il pezzo: adulti e bambini lì a ballare e cantare, non ci ho capito molto all’inizio. Così mi è sorto una specie di pregiudizio su Rovazzi. Perché Andiamo a comandare è quello che è, un brano di baby dance a cui il successo ha dato alla testa. Ma le cose stanno davvero così?

A febbraio 2018, come ogni anno per lavoro e come milioni di persone per svago, stavo guardando il Festival di Sanremo. Ed entra in scena Rovazzi con la sua gag ispirata a Cavallo Pazzo – con il vero Fausto Leali peraltro. Sono letteralmente caduta dalla sedia. Così mi sono domandata, proprio come nella sua hit: Rovazzi matto o genio?

Devo ammettere che i video di Rovazzi sono davvero molto interessanti. Prendiamo in esame Faccio quello che voglio: il videoclip racconta una spy story divertentissima, con moltissime guest star di alto profilo – e che naturalmente ripercorre un po’ il testo della canzone. C’è poi Senza pensieri, che è il continuo del video precedente e cita Brazil, Vanilla Sky, Ritorno al futuro, Hunger Games, 2001: Odissea nello Spazio, The Truman Show e l’episodio San Junipero di Black Mirror (ma ci sono anche probabili rimandi a Caduta libera). Entrambi i videoclip sono diretti da Rovazzi. Sembra quasi di essere tornati negli anni ’80, quando i video erano curatissimi e uno come John Landis dirigeva Michael Jackson in Thriller. (Prima che qualche musicofilo o cinefilo sia colto da malore, non sto paragonando Landis e Jackson a Rovazzi, ma sto dicendo solo che Rovazzi è una gran bella boccata d’aria).

Ad Andiamo a comandare, dicevo, il successo è un po’ sfuggito di mano. Di che cosa parla questa canzone? Vi dico quello che ho capito io: Andiamo a comandare parla delle apparenze, del modo in cui ci poniamo nei confronti della società, di quell’arroganza e di quella voglia di protagonismo che ci partono ogni tanto, come un tic nervoso che ci fa rovesciare i bicchieri a tavola.

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Perché come si fa a comandare se si guida un trattore in tangenziale? O se si va in ciabatte in un locale? O se si spaccia acqua minerale? Credo che il brano abbia anche vari sottotesti: è in parte un inno all’essere persone semplici e oneste, ma parla anche delle ambizioni e delle convinzioni di chi si sente semplice e onesto e lo rende una bandiera. Non è detto che un motivetto orecchiabile non possa avere molte chiavi di lettura, tutte interessanti: Andiamo a comandare ci insegna una cosa importantissima e cioè che forse dovremmo andare oltre l’immagine, in tutti i sensi, e quindi andare oltre i pregiudizi e comprendere che forse, se una canzone piace a un sacco di gente, può essere che molti non l’abbiano capita. Un po’ com’è accaduto a Fuori dal tunnel di Caparezza, che ormai ha perso completamente il suo senso originale, ballata a tutto spiano nelle dancehall.

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