Fenomenologia di una storia che nel tempo continua ad appassionare lettori e spettatori.
di Paolo Merenda
Partiamo innanzitutto col dire che Stephen King pensa di essere immortale. Oh, fa bene, eh, sia chiaro. Vivi come se dovessi morire oggi, pensa come se dovessi vivere in eterno etc etc (consultate link a caso su Facebook per altra filosofia non spicciola, aggratis proprio). Ci sono dei punti fortemente positivi, ad esempio la sua produzione.
Prendiamo la serie Overlook Hotel, ovvero Shining e Doctor Sleep, il primo romanzo datato 1977 e il secondo 2013. Dopo questi due, con inizio fissato nel 2014, ha dato vita alla trilogia di Mr. Mercedes e, alla domanda di un giornalista, resa delicata dai modi, ma in soldoni su quanto fosse opportuno cominciare una serie di libri a 67 anni, ha affermato che avrebbe potuto anche riprendere la storia dei Torrance, se gli fossero venute idee. Alla fine, nel 2016 ha terminato, a tempo di record, la trilogia Mr. Mercedes, ma nessuna nuova sul fronte dell’oscuro hotel con problemi di pulizia per via delle perdite di sangue, quindi siamo qui per tirare le somme.
Io faccio risalire a Shining la sua fama mondiale, seppur altri fissino in Carrie l’inizio, per via del film di Brian De Palma con Sissy Spacek e John Travolta nel cast. Per me è il film di Stanley Kubrick, altrimenti come si spiegherebbe che la prima edizione italiana di Shining aveva titolo Una splendida festa di morte, imposto dal mercato italiano per pompare il libro? Stephen King già fenomeno globale non sarebbe bastato come invito all’acquisto? Ditemi la vostra nei commenti, magari ci sono dei dietro le quinte che, nonostante la mia passione per Stephen King, non ho mai saputo, quindi potreste farmi cambiare idea.
Nel 2013, quasi 40 anni dopo, nuovo libro e relativo film, con un Danny Torrance diventato adulto dopo la paurosa esperienza di Shining, al quale sopravvive con la madre, a differenza di Jack Torrance, reso un pazzo omicida dall’ombra dell’Overlook Hotel e morto nel realizzare i suoi piani diabolici. Danny si trasforma in chioccia per Abra Stone, una ragazzina con ancora più luccicanza di quanta ne avesse avuta lui da piccolo, e i cui poteri la rendono ancora più in pericolo.
Il rapporto libri-film, mai come in questo caso, sono degni di approfondimento, e sfiorano in alcuni casi la leggenda, anche per i nomi coinvolti.
Le differenze tra libro e film
Bene, sono stati scritti interi trattati sulle differenze libro-film, su come un personaggio può essere descritto in un libro, su quali siano le potenzialità di un film grazie alle immagini e il sonoro, e «il libro però è meglio del film». Non tutti sanno che la frase è stata detta per la prima volta da Stephen King, riferendosi a Shining. No, scherzo, ma al Re non è mai andata giù la trasposizione cinematografica del Maestro Stanley Kubrick. Ci torneremo, nel paragrafo dedicato a Jack Torrance, più giù.
In realtà ci sono un paio di grosse differenze tra i libri Shining e Doctor Sleep e i film. Parlo proprio di trama, non percezioni. L’Overlook Hotel alla fine del libro Shining viene distrutto per un problema alla caldaia, sempre meno controllata da Jack Torrance man mano che la pazzia gli riempie il cervello. C’è anche la famosa frase, riferita a Danny, «ricorderai ciò che tuo padre ha dimenticato», bella e significativa, ma che alla fin fine si riferisce alla manopola della caldaia. Dick Hallorann, che nel libro sopravvive (e, anzi, porta in salvo Wendy e Danny) nel film muore per mano di Jack Torrance. I due problemi sono esplosi nel realizzare il secondo film: be’, Dick Hallorann torna come personaggio nel libro, come facciamo per il film? E a un certo punto la vicenda scritta da Stephen King si sposta sui ruderi dell’Overlook Hotel, come si fa? Nel film è ancora in piedi. Eh be’, sono belle gatte da pelare.
La curiosità uccise il gatto… delle nevi
Nel libro e nel film, per evitare che la moglie e il figlio fuggano via dall’albergo prima che lui abbia finito (tradotto: che li abbia finiti) rompe radio e gatto delle nevi. Nel libro, come detto, il capocuoco Dick Hallorann, a sua volta in possesso della luccicanza, accorre in aiuto (con un secondo gatto delle nevi) e raggiunge i due superstiti, rendendo il salvataggio col potente mezzo molto più intimo e sentito. Si tratta di un particolare che mi è rimasto in mente, ma c’è un’altra cosa più comune.
Il numero della stanza nel film è 237, nel libro 217. Bene, lo sapete. Ma sapete anche che nell’edizione italiana del libro Danny Torrance entra nella stanza 217 a pagina 217?
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Sì? Ok, siete degli ossi duri. La prima edizione di Shining, prima del film, uscì in Italia con l’improbabile titolo Una splendida festa di morte. Ne furono vendute meno di 50.000 copie, è ormai introvabile. Ma io ce l’ho, e ho controllato. Sapete a che pagina, in questa rara edizione, Danny entra nella stanza maledetta? Avete indovinato, pagina 217.
Jack Torrance è pazzo, o forse no
E la moglie Wendy? Ecco, Stanley Kubrick, che di fatto ha dato una fama immensa a Shining, non si può mettere in discussione, il film è iconico. Danny che cammina sul triciclo per i corridoi e incontra le sinistre gemelline vestite d’azzurro, ad esempio. O ancora l’ascensore dal quale sgorga fuori un fiume di sangue. Però…
Però io vidi prima il film. Stupendo, ma quando lessi successivamente il libro qualcosa non mi tornava, lo sviluppo del personaggio di Jack Torrance, lo scrittore in crisi che accetta il lavoro invernale come custode dell’Overlook Hotel e ci va con moglie e figlio. Non c’era sviluppo, Jack Torrance era cattivo. Magnifico Jack Nicholson che si calò nella parte alla perfezione, ma il Jack Torrance di Kubrick non era come il libro, una persona buona sempre più inquinata dalle condizioni circostanti, una persona troppo debole e fragile per affrontare la vita vera. Il lavoro isolato in alta montagna è metaforicamente appunto una fuga da se stessi ma per quanto una persona possa fuggire porta quel che è con sé. Ed è ciò che accade a Jack, che all’inizio è buono, poi il vecchio se stesso, con problemi d’alcolismo, lo raggiunge, lo inquina, e rinchiusi nell’Overlook Hotel non ha più nessun posto dove fuggire. Una parabola triste, ma umana. «L’albergo si è impadronito di papà» dice Wendy a Danny, verso la fine.
Nel film non c’è. È cattivo, cerca timidamente di essere un buon marito e padre, ma è cattivo. C’è un passaggio alla fine del libro, in cui Jack costringe Danny all’angolo, armato di accetta, e quando sta per farlo a pezzi il Jack innocente fa capolino dagli occhi del demone che è diventato. Danny si salva solo perché Jack ritrova un briciolo di se stesso… per l’ultima volta. «Scappa. Presto. E ricorda che ti ho voluto tanto bene» dice al figlio.
Ho sempre pensato che questo sia stato il motivo per cui, com’è noto, King abbia sempre odiato il film Shining. Vedendo il film Doctor Sleep ne ho avuto quasi la certezza, perché quella stessa frase la dice Danny ad Abra, dopo averla bloccata e a un passo dall’ucciderla, ma nel libro Doctor Sleep questo passaggio non c’è. Inoltre, sia nel libro che nel film del 2013 Danny spiega che anche il padre aveva la luccicanza, ed è stato per non subirla che si è dato all’alcol. La dualità attribuita a Jack nel primo libro ha dovuto attendere la trasposizione cinematografica del secondo film per poter essere messa in scena, dal figlio però.
Per scrivere questo articolo ho cercato particolari e aneddoti da inserire, e ho trovato una vecchia intervista del 2014 di Rolling Stone a King stesso, che conferma i miei pensieri sui motivi per cui non sopporta Shining. Afferma:
«Il libro è caldo, il film è freddo. Il libro finisce nel fuoco, il film nel ghiaccio. Nel libro c’è un vero e proprio arco narrativo nel quale Jack Torrance è una brava persona e solo poi, lentamente, si muove in questo posto nel quale perde il senno. Per quanto mi riguarda, quando ho visto il film, ho trovato Jack completamente pazzo dalla prima scena.»
E sulla moglie, come dicevo all’inizio? La Wendy del film piange sempre, si lamenta, è insopportabile, ha perfino avuto una nomination come peggior attrice dell’anno ai Razzie Award. Ma nel libro ha spessore, ha forza d’animo. King su di lei dice di come sia stato un personaggio piatto, per nulla forte e descritto poco e male nel trasporla sullo schermo, e non per colpa di Shelley Duvall. Divergenze d’opinione, ma al netto di queste cose, Stephen King, Stanley Kubrick e Mike Flanagan, regista di Doctor Sleep, hanno consegnato alla storia due libri e due film indimenticabili.