Non sappiamo ancora se ci sarà una terza stagione di The Politician, ma intanto ecco quello che è accaduto finora. (Se non avete visto entrambe le stagioni, non aprite il link perché contiene spoiler).

C’è qualcosa di molto avvincente in The Politician, la serie Netflix creata da Ryan Murphy, Brad Falchuck e Ian Brennan. La serie è giunta alla sua seconda stagione, rilasciata il 19 giugno 2020 e prende grande spunto dall’attualità, a partire dalla sigla. Nella storia, Payton è al suo ultimo anno di liceo. Aspira a diventare presidente del consiglio studentesco, aiutato dai suoi fidatissimi due migliori amici e dalla sua fidanzata, ma deve affrontare degli altri candidati: River, suo compagno e insegnante privato di mandarino, di cui Peyton è in un certo senso innamorato, e Astrid, fidanzata di River, che lo odia (nella seconda stagione se ne scopre il perché). Nella sigla è racchiusa gran parte della trama.

Nella seconda stagione, chiaramente, la sigla cambia anche se alcuni elementi rimangono invariati, come la Casa Bianca, le biografie dei presidenti, il cuore sommerso dai liquami. Ma per capire meglio, dobbiamo prendere in esame cast e personaggi. Il protagonista, dicevamo, è Payton, interpretato da Ben Platt: per gli sceneggiatori è stato facile dar corpo al suo personaggio-canterino, con la voce che l’attore (già interprete di Pitch Perfect e Dove eravamo rimasti) si ritrova. La sua famiglia è composta da i suoi fratelli gemelli (sono i suoi half brothers, fratellastri, perché Payton è stato adottato), un padre ricchissimo, lobbista e decisamente ricattatorio (è Bob Balaban, caratterista, già “padre” di Phoebe Buffay in Friends) e una madre che lo ama sopra ogni cosa, sensibile ma anche volitiva (Gwyneth Patrow). Una cosa curiosa: la regista degli episodi si chiama Gwyneth Horder-Payton, che aveva già diretto American Horror Story e Feud tra le altre cose: il nome però è davvero casuale o mira a creare un’aura di mistero nella trama? Sì, è casuale, la regista esiste davvero, ma è una buffa coincidenza.

Tra amici e nemici di Payton troviamo Astrid e River (Lucy Boynton e David Corenswet, entrambi nel cast di Hollywood), Infinity (Zoey Deutch, figlia del regista Howard Deutch e dell’attrice Lea Thompson), la fidanzata Alice, gli inseparabili James e McAfee, l’attivista Skye. Al di fuori dell’ambiente scolastico vanno aggiunti due nemici, Dusty (Jessica Lange, nonna di Infinity, che si sospetta avere la sindrome di Munchuausen per procura) e Ricardo, il fidanzato di Infinity. Nel cast della prima stagione figurano anche Dylan McDermott e January Jones (i genitori di Astrid, un losco affarista e un’ex prostituta), mentre nella seconda stagione si aggiungono due personaggi di primo piano, la candidata senatrice Dede Standish e la sua collaboratrice Adassah Gold (rispettivamente Judith Light, che aveva brillato particolarmente nella seconda stagione di American Crime Story, e Bette Midler).

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Come ogni opera di Ryan Murphy che si rispetti, è la decodificazione che la rende geniale. The Politician è fondamentalmente la storia di un perdente che aspira a essere un vincitore. Payton è in realtà un ragazzo sensibile che si lascia trascinare dalla corrente, o meglio da quello che crede siano le aspettative degli elettori. Il mondo intorno a lui cambia rapidamente: le relazioni della madre – dapprima con il padre, poi con un’amante interpretata dall’ex tennista Martina Navratilova, poi con una ricca imprenditrice e infine, per poco, con un aspirante presidente degli Stati Uniti; il microcosmo di Infinity, che passa dall’essere vittima della nonna (che ha ucciso anche la mamma della giovane, avvelenandola) a diventare una paladina dell’ambiente à la Greta Thunberg; quello di Skye, dura e pura attivista lesbica e afroamericana che cerca di avvelenare Payton e poi si redime, innescando una relazione amicale tossica con James e McAfee; quello di Astrid e Alice, che vengono coinvolte in una relazione a tre con Payton per fini elettorali.

Ryan Murphy pare abbia appreso la lezione di Sylvester Stallone con Rocky, proponendo dapprima un personaggio destinato a perdere, per poi fargli cambiare orientamento. Tanto che nell’ultimo episodio lo troviamo padre del figlio di Alice (anche Astrid era rimasta incinta, ma sceglie di abortire, dopo aver frequentato un allucinante campus per diventare madri insieme a Alice). Lo troviamo senatore ad Albany, mentre la madre, che era diventata governatrice della California, è diventata la prima donna a essere presidente degli Stati Uniti, con Dede, precedente avversaria politica di Payton, è la sua vice.

Nell’ultima scena, Dede chiede a Payton di essere il suo futuro vice, quando la madre di lui non rinnoverà la candidatura per il secondo mandato. In pratica Murphy rielabora un costrutto della narratologia, che fa capo all’epopea di Gilgamesh. Nella storia, Gilgamesh combatte con Enkidu e poi ne diventa il migliore amico. È una storia di amicizia maschile, mentre l’amicizia che si instaura tra Dede e Payton è moderna, parla di generazioni che si incontrano, di fluidità sessuale e poliamore. Un po’ come nella prima stagione era accaduto il sovvertimento del menage familiare di Cenerentola, mentre era ritratto Payton tiranneggiato dai fratellastri.

Dovremo aspettare giorni, settimane o forse mesi, per capire se The Politician sarà rinnovato per un’ulteriore stagione. Murphy ha il tempo dalla sua parte, perché ha portato sullo schermo un attore senza età, che non baderà al tempo della narrazione, perché probabilmente sarà proiettata verso i prossimi 4 anni (la durata di un mandato presidenziale negli Usa). Non sappiamo cosa risponderà Payton. Potrebbe dire di no, ma sicuramente dirà di sì. I suoi trascorsi con Dede potrebbero non essere dei migliori, Payton ha molti scheletri nell’armadio: uno è molto grave, perché Infinity ha rubato un’urna contenente dei voti, che sono stati quindi sottratti allo spoglio. Questo ha consentito a Payton di vincere le elezioni (perché Dede si è ritirata al momento dello spareggio con morra cinese), ma sbagliando, perché in realtà le avrebbe vinte comunque.

Questa seconda stagione giunge infatti a un punto, che è stato anticipato ampiamente nella prima: che differenza c’è tra etica e morale? È giusto essere chi siamo, anche se siamo delle brutte persone, o dobbiamo cercare di soddisfare le aspettative degli altri? Forse queste domande troveranno una risposta completa nella terza stagione.

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