Sita nella Valle d’Itria, all’estremo lembo del Salento, Ostuni è una perla bianca dalla forte connotazione turistica.

di Paolo Merenda

La caratteristica principale di Ostuni, conosciuta anche a chi non ci è mai stato, è il suo appellativo, la città bianca. Il colpo d’occhio, avvicinandosi o semplicemente guidando sulla vicina superstrada, è una perla bianca che brilla alla luce del sole. E in effetti la pittura bianca comune a molte costruzioni del centro storico è appunto dovuta a questo: dato che si tratta in parte di vicoli molto stretti, quel colore aiuta l’illuminazione con la luce riflessa. C’è addirittura un’ordinanza che assegna il colore bianco alle case, per evitare che si perda la magia.

Ed è una magia antica, dato che è ormai riconosciuta da decenni come meta turistica per weekend rilassanti. Ci sono stato e devo dire di esserne rimasto colpito: si sviluppa su più livelli, quindi passeggiare per le stradine del centro può dare dei colpi d’occhio magnifici. Accade ad esempio di fare qualche centinaio di metri osservando le case e i locali più vicini, e sicuramente non oltre l’angolo. Poi basta una svolta e si apre un panorama che lascia perfino perplessi per quanto sia cambiata l’altezza a cui ci si trova (e quindi le cose da vedere). Per me, amante delle fotografie, è un invito a nozze per scattarne una ogni cento metri, in pratica.

In realtà, non sono certo colui che ha scoperto la potenza visiva di Ostuni: difatti molti sono i film girati nella città bianca. Uno su tutti, La seconda notte di nozze di Pupi Avati, film del 2005. Alcune delle scene più importanti sono state appunto girate qui, e gli sforzi dei produttori non si sono limitati alla location: nel cast della pellicola figurano Katia Ricciarelli (vincitrice del Nastro d’argento per la performance), Antonio Albanese e Neri Marcorè. Da vedere, anche per prendere spunto su quale particolare della città visitare.

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Un posto su tutti a prescindere dal film, la Basilica minore di Ostuni, dalla facciata imponente e non costretta tra una stradina e l’altra, ma costruita, nel XV secolo, in una piazza per dare, all’epoca, un luogo di culto alla popolazione, e adesso, oltre ciò, una costruzione che cattura l’interesse del turista. Il consiglio è visitarne anche l’interno, ma di non tralasciare tutto il resto della città. È il problema, se così possiamo definirlo, di chi visita luoghi pregni di bellezza e cultura, come Ischia: cosa si riesce a vedere in un paio di giorni? Qualcosa verrà sempre dimenticato o non considerato degno di nota, salvo poi pentirsene. Allora, il segreto è tornarci in un secondo momento per finire il giro.

Un nodo facile da sciogliere può essere dove dormire o mangiare: appena fuori dal centro storico gli alberghi, anche a buon prezzo, non mancano, mentre per una cena che corona un giorno di vacanza si può optare per uno dei numerosi localini del centro. Si spende un po’ di più, ma ne vale la pena, perché la cucina qui risente degli influssi salentini, a cui di fatto appartiene, e quelli dell’alta Puglia, che hanno contribuito alla sua storia, anche culinaria.

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