Ieri è scomparso Alan Parker, regista, tra le altre cose, di Angel Heart, un film che ha segnato profondamente la mia vocazione cinefila.

Negli anni ’80, c’è stato un momento ben preciso, in cui Mickey Rourke era una specie di strano mito. Protagonista di una serie di film d’azione, era diventato un sex symbol interpretando 9 settimane e 1/2 – spesso citato, anche abbastanza a torto, negli ultimi anni in contrapposizione alle 50 Sfumature. A ben guardare, i film con Rourke cui sono particolarmente affezionata, sono relativamente recenti: Sin City, The Wrestler, I Mercenari, C’era una volta in Messico. Ma nella sua carriera iniziale c’è una pellicola che non potete perdere se vi dite cinefili: Angel Heart di Alan Parker.

La prima volta in cui l’ho visto, probabilmente ho visto una versione tagliatissima e quindi edulcorata perché trasmessa in televisione. Per fortuna, molti anni dopo, qualcuno che mi vuole bene mi ha regalato il dvd. La storia è una specie di thriller: Harry Angel è un investigatore privato di New York, che viene ingaggiato dal misterioso Louis Cyphre per trovare un ex cantante, Johnny Favorite, con cui Cyphre ha stipulato un contratto. Angel dovrà incontrare molte persone in Louisiana, persone che hanno conosciuto Favorite: dopo ogni volta però che ne incontra una, questa muore in circostanze sanguinose. Sembra sempre che l’investigatore si stia avvicinando alla realtà, ma poi se ne allontana bruscamente. (Se avete visto il film, metto la scena finale in calce, altrimenti non guardatela perché è uno spoiler immenso).

Angel Heart è un film pieno di musica, non solo composta ad hoc, ma anche brani classici o improvvisati nella ritualità di celebrazioni vudù. Religione e magia sono fortemente intrecciati in una storia in cui il vudù non ha una connotazione negativa, ma neutra: si parla di rituali, di rapporti sessuali durante i rituali, di qualche gallina sgozzata al massimo che poi viene fatta in brodo. Non è un caso: è difficile trattare argomenti relativi a questo tipo di cultura senza cadere nel razzismo, ma Alan Parker la lezione della discriminazione la conosceva molto bene, dato che ha girato uno dei migliori film della storia su questo tema – Mississippi Burning.

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Naturalmente in Angel Heart, i massacri di galline sono secondari e assai meno truculenti dei massacri umani – o meglio sacrifici rituali – che vi si scorgono. Favorite sembra chiudere il cerchio, cercando di uccidere tutti quelli che l’hanno conosciuto. Favorite è un bianco, anzi proprio un europeo: il suo nome vero era Jonathan Liebling ed era stato celebre prima della guerra, prima di tornare a casa a causa di uno choc da granata. Gli orrori della guerra sono appena accarezzati, meglio affrontata è invece la questione dello smarrimento che la guerra ha portato con sé dopo la sua fine. Il solo sollievo giunge da dialoghi e monologhi, intensi e volti alla riflessione dello spettatore.

Si dice – esclama Louis Cyphre – che al mondo ci sia tanta religione per far sì che gli uomini si odino, ma non abbastanza perché gli uomini si amino.

Nel cast, oltre a Rourke, figurano un fantastico e agghiacciante Robert De Niro, Lisa Bonet e Charlotte Rampling.

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