60 candeline per David Duchovny, indimenticato Fox Mulder di X-Files ma non solo.
di Paolo Merenda
Oggi compie 60 anni l’attore americano David Duchovny, che deve la sua fama principalmente a tre personaggi, tutti presenti in serie televisive che continuano a essere ammirate da milioni di persone in tutto il mondo.
Attivo fin dal 1990, quando interpreta Denise Bryson, già Dennis Bryson, personaggio transgender in forza alla Dea, in un ruolo ricorrente della serie tv Twin Peaks, nel 1993 esplode in tutta la sua forza nei panni di Fox Mulder, lo spettrale agente assegnato dall’Fbi agli X-Files. In mezzo, piccola curiosità per cinemaniaci, il film Kalifornia, in cui la giovane promessa divide il set nientepopodimeno che con Brad Pitt e Juliette Lewis.
A proposito di California, il terzo telefilm di grande successo è Californication, in cui interpreta dal 2007 al 2014 lo scrittore Hank Moody. Il ruolo gli frutta il secondo Golden Globe vinto, dopo il primo come Fox Mulder.
La sua particolarità, quasi un record, è essere presente come personaggio importante nei due principali telefilm dell’era moderna, Twin Peaks e X-Files, che non a caso coprono un lungo arco di tempo: 1990-2017 (seppur solo tre stagioni e un film) per Twin Peaks e 1993-2018 (11 stagioni e 2 film) per X-Files, seppur entrambe le serie tv abbiano avuto un lungo stop nel corso della loro vita.
In X-Files Duchovny interpreta il ruolo del reietto, dell’agente Fbi che ha un ufficio nello scantinato, che crede agli ufo e che viene usato per lavorare su casi senza speranza, con indizi e prove che sfidano la logica. Gli viene affiancata l’agente Dana Scully (una superba Gillian Anderson) per evitare che faccia troppi danni alla sua carriera con teorie strampalate ma difese allo spasimo, e invece il duo riscrive la storia, le storie. I casi misteriosi portano alla luce un progetto per insabbiare ai livelli più alti prove di un piano pericolosissimo e che ha ben poco di etico, e il telefilm, anno dopo anno, funziona sempre di più.
X-Files è la parabola di un uomo e una donna che combattono contro tutto e tutti, ed è stata la chiave del suo successo: i telespettatori si sono potuti identificare nello sconfitto, in quel Fox Mulder che rimaneva sempre a mani vuote, e da un certo punto anche senza i suoi amati X-Files (che poi gli vengono riassegnati, anzi no, anzi sì). Ma Mulder è un uomo che non si ferma davanti a nulla, certo della vittoria finale, tanto che nelle due stagioni arrivate dopo la lunga pausa di quindici anni lavora di nuovo sugli X-Files, seppur in un’America cambiata.
E Denise Bryson? Un’agente, anche in questo caso, invisa per ciò che è e che rappresenta. Viene da dire che purtroppo è un personaggio secondario: chissà quali potenzialità avrebbe potuto avere se sviluppata meglio. Ma David Lynch non poteva lasciarsi scappare l’occasione, con una patata bollente così tra le mani, di non usarla per impreziosire la sua opera somma: dopo 25 anni di buio, in cui Denise era rimasta a vagare senza una reale meta tra le forze speciali, lo spettatore la ritrova nel 2017 come capo supremo dell’Fbi. Difficile non vederci l’ironia che Lynch mette nelle sue opere: se Fox Mulder non ce l’ha fatta e, pur continuando sugli X-Files, resta di secondaria importanza nell’Fbi, Denise Bryson ne diventa il capo.
Una vittoria nel cuore dei fan per un attore, David Duchovny, che meritava il lieto fine sullo schermo.