Una delle provocazioni più celebri di John Waters è il film La signora ammazzatutti, la più mainstream delle sue pellicole.
Tutto il cinema di John Waters è una provocazione, fin da quando mosse i suoi primi passi dietro la cinepresa alla fine degli anni ’60. Alla fine degli anni ’80 però la sua produzione divenne maggiormente alla portata del pubblico, richiamando nel cast, accanto ai suoi attori feticcio, altri artisti più blasonati. Di questa parte della produzione fa parte La signora ammazzatutti, pellicola grottesca su una madre serial killer (Serial Mom appunto è il titolo originale), che è uscita nel 1994.
Nel cast, Kathleen Turner nel ruolo della protagonista, il caratterista Sam Waterston, l’attrice feticcio di Waters Ricki Lake, il fantastico Matthew Lillard che si accostava al cinema in quegli anni e Suzanne Somers nel ruolo di se stessa. In piccoli ruoli ci sono anche due attrici che avevano già lavorato con Waters e cioè Patricia Hearts (della quale resta celebre la battuta in Cry Baby: «Signor giudice, possiamo riportare a casa Wanda con tutti i mortacci nostri?») e Traci Lords (che dal 1988 aveva chiuso con il cinema porno).
La signora ammazzatutti racconta di una madre con la passione per i serial killer, e che è una serial killer a sua volta. Inizia con il molestare una vicina antipatica e prosegue uccidendo tutti coloro che la fanno indispettire, fino all’inevitabile cattura e processo, in cui viene assolta. Be’, perché è una madre.
John Waters ha voluto, ancora una volta, puntare il dito contro le ipocrisie della società: il seme della follia può esserci in chiunque, anche in quello che viene narrato come angelo del focolare. Non esistono gli angeli del focolare, non esistono le «madri perfette dei film» che cinguettano agli uccellini, fanno una raccolta differenziata impeccabile, sono amiche degli spazzini, hanno messo un veto sulle gomme americane e cercano di spianare la strada ai figli (che poi, quest’ultima cosa un pregio non lo è affatto). Pensate un po’: Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio, era una madre. Anzi, ha affermato di aver ucciso tre donne proprio per tutelare i propri figli.
La narrazione relativa alla maternità è tossica e viene alimentata da più parti. L’operazione che compie Waters è quella di rendere ancora più palese questa narrazione tossica, espandendola verso la logica della killer star, cioè l’assassina celebrata mediaticamente, in favore della quale si fanno le manifestazioni, ci sono le levate di scudi dell’opinione pubblica.
Ma c’è anche il rovescio della medaglia: chi è innocente tra le vittime della protagonista? Non certo il professore del figlio, che lo ha preso di mira per la sua passione per il cinema horror. Non la coppia di amici di famiglia che ha disturbato il marito di sabato, il loro dentista, per poi criticarlo. Non la cliente della videoteca che non riavvolge mai i vhs e ha uno strano rapporto con il suo cane. Non l’amico della figlia, che l’ha illusa sui propri sentimenti per poi spezzarle il cuore. Non l’amico del figlio che la vorrebbe sulla sedia elettrica. Ok, penso che siamo tutti d’accordo che queste non siano colpe che possano giustificare l’omicidio: ma in realtà nulla giustifica l’omicidio. È questo che vuole far capire Waters, anche ai sostenitori della pena di morte.
Naturalmente, oltre a tutti i contenuti sociali e culturali che Waters ha piazzato all’interno de La signora ammazzatutti, ci sono tante risate e tanti colori, c’è una grande preparazione attoriale affinché tutto appaia una parodia. È un film che non passa mai di moda, e se non l’avete mai visto vi basta andare a ravanare nel catalogo italiano di Amazon PrimeVideo.