L’opera di Carmen Consoli consiste in un delicato prisma in cui l’universo femminile viene raccontato in ogni aspetti.
La mamma nelle foto In bianco e nero. Matilde che odiava i gatti, parenti vicini e lontani. Euridice che non viene mai nominata. Elettra inquieta per l’ultimo appuntamento. E poi triste, annoiata e asciutta ecco la Venere storpia. E ancora Eva, ma anche le Sirene. Tutte donne con la D maiuscola. L’immaginario di Carmen Consoli è al 100% femminile. Anche quando parla di uomini e gli uomini sono nel titolo, Carmen parla di donne, parla alle donne.
Carmen Consoli per me è un dilemma inafferrabile, dal punto di vista emotivo, personale. L’ho intervistata in tre diverse occasioni, di cui due de visu. La prima volta mi ha invitata a un suo concerto: non potei andare, ero bloccata a letto su consiglio del medico per minacce d’aborto. La seconda le feci una domanda che mi aveva raccomandato la caporedattrice e i miei colleghi risero, perché in fondo è quello che fanno sempre: è la storia della mia vita essere considerata una sfigata. E quindi a volte mi capita di associare Carmen a situazioni nel migliore dei casi spiacevoli, anche se in cuor mio lo so: è un’artista che ho sempre adorato. Così, quando prendo i suoi dischi e li metto nell’autoradio, mi rimetto inevitabilmente a cantare a squarciagola. Perché Carmen, forse, parla anche di me, parla anche a me.
Nel giorno del suo compleanno, ho pensato di realizzare una playlist di suoi brani. Non è esaustiva, ovviamente e ci ho inserito dentro molte collaborazioni, tra cui Il conforto. Quando il mio bimbo era piccolo uscì questo brano di Tiziano Ferro con Carmen: lui la ascoltava rapito, tanto che una volta gli ho fatto una foto. È un cerchio che si chiude: ho terminato la gravidanza, lui è qui con me ad ascoltare musica, la musica di Carmen Consoli, anche adesso mentre scrivo. Per cui, grazie Carmen di tutti i momenti in cui sei stata colonna sonora, quelli brutti che hanno portato a qualcosa di migliore, ma soprattutto quelli belli.