Il biopic sulla morte di Stefano Cucchi è un capolavoro nel suo genere, perché trasmette empatia e un forte senso di giustizia.
«Quanno ‘a finiremo de racconta’ sempre sta stronzata dee scale?»
«Eh, quando ‘e scale smetteranno da menacce.»
Inizio a parlare di questo film partendo da quella che è forse la sua citazione più celebre. Sulla mia pelle è una pellicola che racconta di una storia accaduta realmente in Italia e vicina a noi nel senso temporale del termine: la morte di Stefano Cucchi che seguì il suo fermo per presunto spaccio. Il caso di cronaca nera si trasformò ben presto in un caso di cronaca giudiziaria che va avanti ancora oggi, grazie soprattutto alla forza di Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, che combatte affinché la giustizia riconosca le responsabilità in ciò che è accaduto.
La storia di Sulla mia pelle abbraccia una e una sola delle diversissime versioni giudiziarie fornite, ossia quella secondo cui Stefano sia stato picchiato più volte durante il fermo. Fino a spegnersi il 22 ottobre 2009. La foto del suo cadavere ha fatto il giro d’Italia, per risvegliare le coscienze e il protagonista di Sulla mia pelle, Alessandro Borghi, ha reso uno Stefano Cucchi visibilmente molto realistico sullo schermo, oltre ad aver contribuito all’immaginario collettivo relativo a questo ragazzo che non c’è più. Perché la pellicola ci offre anche uno squarcio sulla vita quotidiana e famigliare di Cucchi prima del fermo: Ilaria è interpretata da una sempre meravigliosa Jasmine Trinca, mentre il papà Giovanni è impersonato da Max Tortora.
Quello che colpisce di Sulla mia pelle – scritto e diretto da Alessio Cremonini, del quale il film ha rappresentato l’esordio sul grande schermo e sulla piattaforma Netflix – è il modo in cui lo spettatore tiene il fiato sospeso per Stefano. Lo spettatore sa com’è andata, sa che Stefano è morto, ma forse spera in qualcosa di diverso alla fine, qualcosa che lo riporti in vita. E in effetti è quello che fa Borghi: riportare Stefano in vita, offrirci un modo per ricordarlo anche con i suoi errori, con i suoi piccoli presunti reati che però non giustificano mai e poi mai quei segni sul volto, né lo stato del corpo come l’abbiamo visto tutti. Il tema è molto caldo, perché Cucchi è considerato da una parte di italiani, insieme a Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva e altri, un vero e proprio martire. Il film è volutamente lento, anche se la storia si svolge in un breve arco di tempo: lo spettatore deve percepire le ore come le percepiva Stefano, in uno stato di profondo dolore.
Sulla mia pelle va in onda stasera alle 21,10 su RaiMovie, dopo di che potrebbe essere disponibile per alcuni giorni su RaiPlay, ma sicuramente lo trovate in ogni caso nel catalogo Netflix.