Il cinema del primo Carlo Verdone ha saputo catturare le insoddisfazioni, le istanze e le aspettative di una generazione: c’è tutto questo in Compagni di scuola.

La maggior parte dei primi film girati da Carlo Verdone sono letteralmente mitici. E non mi riferisco solo a quelli in cui Verdone interpreta milleduecento personaggi diversi. C’è qualcosa di particolarmente intenso nel guardare, ancora oggi, Borotalco, Acqua e sapone e soprattutto Compagni di scuola. Quest’ultimo è una pellicola con un cast fantastico, che annovera lo stesso Verdone, Christian De Sica, Nancy Brilli, Angelo Barnabucci, Massimo Ghini, Eleonora Giorgi, Athina Cenci, Alessandro Benvenuti (in pratica ben due Giancattivi), Maurizio Ferrini, Isa Gallinelli, Silvio Vannucci, Piero Natoli, Fabio Traversa, Carmela Vincenti e Natasha Hovey.

La trama è la più classica di una tragicommedia. Un gruppo di ex compagni di scuola organizza una rimpatriata. Sono passati poco meno di vent’anni dal diploma, alcuni di loro sono persone completamente diverse, altri fingono solo di esserlo, altri ancora sono rimasti praticamente uguali. Ci sono delle figure centrali, come in ogni classe: quello che viene messo in mezzo, quello che non rinuncia allo sfottò, quello che ha tentato una carriera ma fa di tutto pur di restare a galla, i due ex innamorati che oggi non si guardano più neppure negli occhi, l’amica del cuore, quello che è «arrivato» ma in fondo «arrivato» si era sentito sempre, la bella della classe. E poi c’è Fabris, che paga lo scotto di essere invecchiato peggio degli altri, scatenando quella sottile cattiveria di chi era costretto per cinque anni, giorno dopo giorno, a sedere insieme nella stessa stanza, magari nel banco accanto o in quello vicino.

Annunci

È proprio questo il punto: essere compagni di scuola non è mai facile. I compagni di scuola non te li scegli, come invece fai con gli amici o con chi frequenterai all’università. Queste riunioni sono sempre abbastanza drammatiche, perché c’è innanzi tutto una fase di paura che le precede, e che è relativa a noi stessi, a come reagiremo di fronte a quel compagno che proprio non sopportavamo. Poi subentra la fase del rilassamento, quando puoi iniziare a essere te stesso, a costo di fare passi falsi e pensi: il che ti frega, tanto non sei più costretto a vedere questa gente ogni giorno, puoi prendere il meglio di loro e sapere che forse non li incontrerai mai più in vita tua. Quindi c’è la fase del contrasto, quando ti accorgi che quel tuo essere te stesso viene colto da qualcuno che vuole a tutti i costi fare polemica. E alla fine c’è il saluto, in cui ti senti sollevato e nostalgico allo stesso tempo. E forse non lo pensi davvero, ma lo chiedi: a quando una nuova rimpatriata?

Verdone è riuscito a catturare completamente tutto questo, tutte le pieghe, tutte le sfumature di queste tragicomiche rimpatriate. Le ha condite con ottima musica, talvolta con un retrogusto amarcord, perché in effetti i protagonisti della storia dovrebbero essere stati adolescenti all’inizio degli anni ’70. Ma il grande merito del regista e attore romano è anche un altro: aver realizzato una storia senza tempo. Se spogliamo Compagni di scuola di tutti i riferimenti temporali (e guardando la pagina Wikipedia del film, c’è un po’ di confusione secondo me sulle date relative agli anni di riferimento), otteniamo una splendida pellicola che potremo vedere sempre e trovarla aderente a una determinata realtà. Forse tra mille anni, come in Futurama, i nostri discendenti troveranno una videocassetta di Compagni di scuola, troveranno il modo di guardarla e ci troveranno loro stessi. Esattamente come è accaduto a noi.

(La foto in evidenza è tratta da un mio archivio personale, ne è pertanto vietato il riutilizzo).

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: