Nel 1991, John Frankenheimer ha diretto L’anno del terrore, film che parla in maniera molto fantasioso del rapimento e dell’omicidio di Aldo Moro.

Il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro fu un grave fatto di cronaca nera, che si svolse tra marzo e maggio 1978 e che nel tempo è diventato forse l’evento più simbolico degli Anni di Piombo. Naturalmente, il cinema italiano ha trattato la vicenda da diversi punti di vista, o con pellicole a sé sul genere biopic, o come episodio tratto dalla realtà in una trama più ampia. Il mio preferito tra tutti è Buongiorno, notte di Marco Bellocchio, che mi fa sempre commuovere, soprattutto sul finale.

C’è però questo film di John Frankenheimer che vidi da bambina e poi più volte durante la mia vita, che ha sempre colpito il mio immaginario. L’anno del terrore è una pellicola assolutamente creativa: i fatti storici narrati diventano l’escamotage per raccontare una vicenda fantasiosa di amore e morte e Aldo Moro è solo marginale in tutto questo.

Nella trama, un giornalista americano, David (Andrew McCarthy, che curiosamente interpreta spesso il personaggio dello scrittore, cosa che è diventato poi nella realtà, oltre un pregevole regista), si reca a Roma per finire la stesura di un romanzo ispirato proprio agli Anni di Piombo, ma anche perché da tempo ha una relazione con Lia (Valeria Golino) una madre single. Tra gli incontri notevoli a Roma, c’è quello con una connazionale, la fotografa Alison (Sharon Stone), con cui David intreccia una relazione. Ma soprattutto a David capita davvero di essere invischiato in una storia con le Brigate Rosse, che finiscono per credere che l’uomo sappia più di quello che dice. Tra una bomba all’improvviso e una morte misteriosa, David dovrà davvero scoprire cosa sta accadendo e cercare di portare a casa la pelle.

L’anno del terrore è sicuramente molto fantasioso sotto il profilo storico. Ci dipinge le Brigate Rosse come spietate e preparatissime (cosa che sappiamo non essere state, dati i ripensamenti e i colpi non andati a segno durante il rapimento Moro) e al tempo stesso capaci di credere che un giornalista venuto dal nulla stia in realtà per svelare i loro segreti (anche se c’è una ragione almeno per questa motivazione, ma evitiamo lo spoiler selvaggio).

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Cosa piace a me de L’anno del terrore? Be’, innanzi tutto il personaggio di Valeria Golino, già all’epoca una delle nostre attrici più cosmopolita. Golino riesce sempre a ricreare sullo schermo personaggi misteriosi e ambivalenti: lo spettatore è sempre sul punto di chiedersi cosa farà nella prossima scena e quello che lei fa è sempre una sorpresa. Tutto il cast è per la verità fantastico e questo dovrebbe essere comunque un punto a favore per il film meno amato della carriera di Frankenheimer. Che conserva peraltro tutta la magia di una produzione internazionale, in un periodo in cui l’Italia aveva salutato ormai il suo sodalizio con il cinema francese e non era ancora avviata come oggi alle collaborazioni con le grandi produzioni europee e americane.

Consiglio di vederlo. Non perché dobbiate aspettarvi un capolavoro, ma soprattutto con spirito di collezionismo, che in realtà è ciò che mi anima molto spesso. L’anno del terrore è un punto all’interno di una linea, un filone, che ha prodotto sicuramente risultati più interessanti, ma se vi va di avere il quadro completo, c’è anche questa pellicola da vedere. Che tra l’altro è attualmente nel catalogo PrimeVideo.

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