Pellicola commovente, La kryptonite nella borsa è una grande storia generazionale che mescola storia, fantasia e realismo.
Ivan Cotroneo è stato per molti anni (ed è tuttora) un bravissimo sceneggiatore, prima di decidersi a passare dietro la macchina da presa. La kryptonite nella borsa segna appunto il suo esordio alla regia, con una storia apparentemente semplice, ambientata a Napoli negli anni che seguirono immediatamente la rivoluzione sessuale.
La pellicola è la storia di una famiglia: al centro c’è Peppino, un bambino sveglio che tutti considerano bruttino e diverso. In casa, tutti gli vogliono bene, a modo loro: mamma Rosaria (Valeria Golino) che cade in depressione dopo aver scoperto che il marito la tradisce, papà Antonio (Luca Zingaretti), gli zii Titina e Salvatore (Cristiana Capotondi e Libero De Rienzo) che portano il bambino nel loro mondo fatto di hippie, e soprattutto Gennaro, un cugino che crede di essere Superman e in quanto tale ha paura di una sola cosa, la kryptonite nella borsa di Rosaria. Ma un giorno, mentre i compagni bullizzano come sempre Peppino, Gennaro muore investito da un bus. Peppino ancora non lo sa, né che sia morto davvero né il perché sia morto in realtà, ma crede che Gennaro sia sopravvissuto, tanto che il suo spirito, di quando in quando, torna da Peppino per dargli dei consigli.
Sono tanti i temi che vengono affrontati in questa pellicola, delicatissima, in cui Cotroneo usa l’escamotage più vecchio del mondo: filtrare tutto con gli occhi innocenti di un bambino. Negli anni in cui in Italia (ma anche in altri Paesi) le generazioni non sono mai state così distanti, Peppino è lo sguardo dello spettatore su temi come tradimento, sessualità, malattia (nella depressione di Rosaria), apertura mentale e infine anche omosessualità. Gennaro infatti è diverso non perché sia strano, ma perché gli altri lo vedono in questo modo: Peppino no, perché Gennaro per Peppino è un eroe, anzi un supereroe, che lo sprona a essere sempre orgoglioso di quello che è.
In questa tragicommedia in cui tra gli interpreti notevoli spiccano anche Fabrizio Gifuni e Massimiliano Gallo, non è lo spettatore a prendere per mano Peppino, ma è lo spettatore a lasciarsi prendere per mano. Tutto è fatato in questo modo in cui succedono cose orribili, come malattie, tradimenti e morte, ma al tempo stesso il mondo è un gran bel posto in cui persone da ogni dove si riuniscono per ballare il sirtaki, le donne rivendicano il loro diritto al piacere e dove l’amore nasce per caso così come svanisce per caso. Tra discoteche e psichedelia, Peppino penetra in una Napoli lontana dalle meschinità dei suoi coetanei, per scoprire le meschinità degli adulti, impegnati in un continuo carnevale di sentimenti e relazioni, ma Peppino sa ben orientarsi, perché ha sempre con sé la proiezione di Gennaro come bussola morale.
E non è solo quello, ma Gennaro è anche il mezzo per volare sopra Napoli, di notte, con la luna che brilla sul Vesuvio. E che nel finale dice a Peppino:
Tu sei come me, non sei uguale a loro. Quello che so è che sei più uguale a me di quanto sei uguale agli altri. Tu non ti devi avvilire se gli altri non ti capiscono, tu lasciali perdere: sono loro che hanno problemi, non tu. Quindi se in futuro essi ti maltratteranno, ti prenderanno in giro e si faranno beffe di te… dipenderà solo da te se la tua vita sarà facile o difficile. Se cercherai di nasconderti in mezzo agli agli e assomigliare a chi è diverso da te, passerai i guai. Capirai che a stare un po’ da solo, a essere un esemplare unico, non c’è niente di male sarai felice.