Ragionamento su Borat – Seguito di film cinema: una pellicola di genere mockumentary oltre il senso letterale.

di Fabio Massimo Conte

Per parlare del film io voglio partire dalla fine.

Sacha Baron Cohen, prima dei credit, lancia l’appello «Now vote, or you will be execute», un invito al voto non “per” ma “contro”

Secondo me questa dovrebbe essere la chiave di lettura per il film, girato in piena pandemia e uscito sugli schermi di Amazon poche settimane prima, guarda caso, del voto in Usa.

Cohen tira fuori non un endorsement pro Biden ma un vero e proprio “marchettone” contro Trump e il suo elettorato. Non può essere un endorsement perché la sinistra americana, i liberal e i democratici hanno il politically correct nel loro DNA mentre il personaggio Borat è l’esatto contrario. È un “marchettone”, per votare contro Trump, perché rivolge gli stereotipi che contraddistinguono il suo elettorato (suprematismo, amore per le armi, teoremi di complotto) contro se stesso. 

Anche se il filo narrativo è legato al percorso di trasformazione, non sempre in avanti ma anche lateralmente, di sua figlia da “scimmia” ad affermata giornalista, in questo film viene nuovamente presa di mira la sessuofobia della società americana. Ma è solo un pretesto per raccontare un’altra storia, non proprio sottotraccia, e lanciare un messaggio più profondo.

Questo sequel, comunque intelligente e fatto bene, si presenta come un mockumentary un po’ meno sopra le righe rispetto al primo. Se Cohen avesse avuto più tempo per la sceneggiatura, forse qualche scena più salace, come nel primo film, ci sarebbe stata.

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Buoni gli spunti per alcune altre scene, anche se un po’ didascaliche, per sottolineare i vari stereotipi con i quali l’elettorato trumpiano viene identificato: Ku Klux Klan, le armi (notare come la camera indugia nel party del parco), il complotto del virus (la canzone dedicata a Obama, Fauci e ai giornalisti).

Ultima nota: per apprezzare Borat non è sufficiente avere compiuto la maggiore età ma è necessaria una buona dose di maturità perché bisogna capire che Cohen ha costruito un personaggio privo di quelle sovrastrutture che noi abbiamo per filtrare il nostro pensiero e censurarlo. La volgarità in Borat è ben studiata e funzionale al racconto. Accusare il film di estrema grevità nella sceneggiatura significa che ci si è fermati alla superficie del racconto e non si è capito tutto il resto.

Per adesso: WaWaWeeWa a tutti

Fabio Massimo Conte è un giornalista pugliese che condivide con noi la passione per Sacha Baron Cohen. Questo che avete letto non è un articolo, ma alcuni suoi pensieri dopo la visione del film Borat 2, che potete trovare sul catalogo di Amazon Prime Video.

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