Ricorre oggi l’anniversario della morte di Lou Reed: abbiamo composto una playlist con la sua musica (e quella dei Velvet Underground).
Qualche anno fa, ho avuto il privilegio di vedere esibirsi Lou Reed dal vivo. Fu uno dei suoi ultimi concerti in Italia, in occasione dell’Italia Wave Love Festival e rappresentava per me una sorta di rivincita. Nel 2003 Reed era venuto a tenere un concerto a pochi chilometri da me. Mi ero appena laureata, non avevo un lavoro e quei 25 euro per assistere al live erano per me un ostacolo insormontabile. Riuscii giusto ad ascoltare qualche canzone fuori dall’area del concerto.
Così, una volta che fui davanti a lui all’Italia Wave, fu per me una grande emozione. Non lo fu per tutti: non c’erano i social, per cui mi devo affidare al racconto di amici degli amici. In molti, ci parse allora, non apprezzarono la scaletta. E tutto perché Lou Reed non aveva suonato Perfect Day.
Ho sempre pensato che Trainspotting abbia fatto un grosso danno a scegliere quel brano per la colonna sonora. Eppure si sposava eccezionalmente con quella scena dell’overdose: non era solo il senso della canzone (che purtroppo in tanti ignorano) ma anche il ritmo e la melodia che compenetrava perfettamente la scena dell’autosotterramento, del restringimento del campo visivo, del limbo tra vita e morte. Per molti Lou Reed però è solo quella canzone. E credo che Reed abbia fatto bene a non autorizzare Susan Boyle a farne una cover.
Ho deciso di realizzare una playlist proprio per questo motivo, mettendoci anche un po’ di altre colonne sonore (Satellite of Love da Velvet Goldmine, per esempio, Stephanie Says da Le avventure acquatiche di Steve Zissou, This Magic Moment da Strade perdute e I’m Sticking with You da Juno) e altri brani che amo particolarmente perché li trovo particolarmente intensi dal punto di vista musicali o anche dei divertissement. La mia playlist si chiude con After Hours, una canzone che parla… be’, lo sapete di cosa parla.