Uno dei migliori film diretti e interpretati da James Franco è The Disaster Artist, biopic su Tommy Wiseau e sulla realizzazione del film The Room.

Dal 22 novembre, il catalogo Netflix si arricchisce con The Disaster Artist, uno dei film degli ultimi anni che amo di più. E sul quale devo fare due digressioni: una artistica e una sociologica. Iniziamo con un po’ di notizie fondamentali: The Disaster Artist è un film del 2017 diretto da James Franco, basato sull’omonimo romanzo di Greg Sestero e Tom Bissell. Nel cast figurano lo stesso Franco con il fratello Dave, Seth Rogen, Ary Graynor, Alison Brie, Josh Hutcherson, Zack Efron, Sharon Stone, Melanie Griffith, Megan Mullally. Nell’intro della pellicola ci sono però molti attori che interpretano se stessi in un cameo (per esempio il mio amore Kevin Smith), come se in realtà si trattasse di un documentario e non di fiction vera e propria.

La trama racconta di un’amicizia, quella tra il misterioso artista Tommy Wiseau, che dice di avere 18 anni e venire da New Orleans anche se ha un palese accento est europeo, che a lezione di recitazione conosce il giovane Greg Sestero. Tra i due nasce immediatamente una simpatia e, dopo essere stati sul luogo dell’incidente mortale di James Dean, decidono di andare a Los Angeles per sfondare nel mondo del cinema. Purtroppo non è facile, ma a Tommy viene un’idea: scrivere il film della sua vita, quello che si è portato nel cuore da sempre e che si intitola The Room. E lo fa. Ma il risultato non è propriamente quello che nessuno si aspettava. Il film si conclude con due zeppe: in una il vero Tommy Wiseau interagisce con James Franco nei suoi panni, mentre nel secondo il vero film The Room e quello filtrato in The Disaster Artist vengono messi a confronto, per mostrare come siano praticamente identici.

The Disaster Artist è un film divertente e allo stesso tempo commovente. Mentre lo guarda, lo spettatore diventa Tommy Wiseau, si immedesima nelle sue ambizioni e le sostiene, anche se appaiono abbastanza assurde. Nel film Wiseau sembra non riuscire a far fronte alle difficoltà che lo showbiz hollywoodiano ha in serbo per chi giunge a L.A. pieno di sogni: in realtà però è una di quelle particolarità del film che sono palesemente false. In altre parole Tommy Wiseau non volle scrivere The Room perché Hollywood l’aveva rifiutato (così come sono false alcune scelte stilistiche e di trama particolarmente aggancianti per lo spettatore), ma scrisse The Room per la stessa ragione per cui chiunque può desiderare e scegliere di scrivere un film. L’escamotage è però abbastanza palese. Si cerca di trovare un filo diretto attraverso lo schermo, per cui la tristezza di Tommy è la stessa dello spettatore, la sua gioia è la stessa dello spettatore, così come la delusione e la frustrazione.

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La storia di The Room – che ha in parte ispirato il nome del nostro sito – è abbastanza nota: è quella di due amici che, nell’attesa di sfondare nel mondo del cinema, hanno realizzato una pellicola che scalza quelle di Ed Wood tra le peggiori della storia del cinema. The Room è tuttavia diventato un piccolo cult, che rende le sale affollatissime durante le proiezioni di mezzanotte ancora oggi, a molti anni dalla sua uscita. Segno che la cultura pop premia chi ha qualcosa da dire, indipendentemente dal fatto che il modo in cui lo dice è forse un po’ ridicolo.

L’altra considerazione su questo film, che è un grande film a cui sono molto affezionata, ha a che fare con i premi che James Franco non ha vinto per The Disaster Artist. Mentre resta abbastanza celebre la premiazione dei Golden Globes – in cui Franco tolse il microfono a Wiseau mentre voleva parlare – c’erano delle grandi aspettative per gli Oscar. Ma nuove accuse di molestie fecero sì che su Franco calasse una sorta di damnatio memoriae e che fosse addirittura cancellato dalle copertine. 

Ora, sia chiaro che è sempre corretto che le sopravvissute alle molestie denuncino e che si vada in tribunale. Occorre anche che queste donne ricevano una giustizia più giusta, perché questi crimini sono sempre abbastanza difficili da provare (e poi la dominante cultura maschilista, ancorata nel senso comune, fa il resto). Ma al tempo stesso io credo nella giustizia e credo che la sua parabola debba consumarsi nei tribunali, non sui social o sui tabloid. E credo che ciò che una persona fa in termini artistici non la descrive in quanto essere umano e viceversa. Gli artisti possono essere anche persone orribili. Ma il valore della loro opera può essere grandiosa. Tanto più quando parliamo di un film e un successo coinvolge più persone: è giusto che ci dimentichiamo di un film perché il suo regista o il suo protagonista è stato denunciato per molestie? (Parlo in generale, eh). Non ci sono altre persone non accusate di nulla in quel film? Non ci hanno lavorato in tanti che neppure compaiono sullo schermo?

Per quello che mi riguarda, da sempre il mio amore per James Franco come artista è palese. Non lo so se mi piacerebbe averlo come amico (anche se in fondo ho incontrato moltissimi uomini che hanno fatto cose di cui lui è stato nel tempo accusato e sono ancora lì a rifarle). E The Disaster Artist è uno di quei film che ogni tanto rivedo durante le mie notti insonni, perché mi aiuta a rasserenarmi. Sarà un pensiero egoistico il mio, ma forse non c’è bisogno di buttare via il bambino con l’acqua sporca.

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