Il premio Ig Nobel, che quest’anno compie 30 anni, è un riconoscimento che spesso unisce il serio e il faceto.
di Paolo Merenda
Qualche tempo fa, mi trovai a parlare con un amico che, diciamo così, esagera un pochettino nel ricamare sopra eventi reali. Tra una chiacchiera e l’altra, buttò lì che una cugina della sua nuova fidanzata aveva vinto il premio Nobel.
La mia reazione: «Ma dici il premio Nobel, quello vero? Quello che si va in Svezia a ritirarlo?»
E lui: «Certo, lei è anche andata con tutta la famiglia quando è successo, qualche anno fa.»
Io: «Mi stai dunque dicendo che una donna italiana tutt’ora in vita, pochi anni fa, ha vinto il premio Nobel, l’ha ritirato a Stoccolma, e che questa donna è la cugina della tua fidanzata?»
Lui: «Eh. Perché è così difficile da credere?»
Io: «Forse perché le uniche due donne italiane che hanno vinto il premio Nobel sono Grazia Deledda, per la Letteratura nel 1926, e Rita Levi Montalcini, per la medicina nel 1986, e sono entrambe morte?»
No, l’ultima cosa non l’ho detta perché, pur informandomi sui vincitori, poteva essermi sfuggito un nome italiano. Possibilità molto remota, a memoria ricordavo solo Deledda e Montalcini, e infatti una rapida ricerca su Google me lo ha confermato.
La reazione quando racconto l’aneddoto agli amici: «E tu perché non hai detto che sei stato azzurro di sci?»
Però questa cosa m’è rimasta in testa e, pur non conoscendo il nome della fantomatica vincitrice, credo di aver capito il cortocircuito. La persona in questione potrebbe aver vinto un qualsiasi concorso che non comprende un considerevole premio in denaro. Oppure potrebbe aver vinto il premio Ig Nobel (scritto anche come Ignobel in Italia). Naturalmente non posso dirlo con certezza, però la scoperta di questi premi mi ha aperto un mondo. Ah, e la premiazione avviene a Boston, nel Massachussets.
Ma cos’è il premio Ignobel? Come si deduce dal nome, è nato come una goliardata nel 1991, 90 anni dopo la creazione del Nobel, e già nel nome gioca con i termini Nobel e Ignobile. Le ricerche premiate sono assolutamente inutili, quando non addirittura dannose. La categoria che amo di più è quella per la pace: qui vengono infatti celebrati coloro che, invece, con la pace hanno poco o nulla a che fare. Un paio di esempi? 1998, «Il Primo Ministro dell’India Shri Atal Bihari Vajpayee e il Primo Ministro del Pakistan Nawaz Sharif, per la pacificamente aggressiva detonazione di bombe atomiche», o 2009, «Stephan Bolliger, Steffen Ross, Lars Oesterhewelg, Michael Thali e Beat Kneubuehl dell’Università di Berna, Svizzera, per aver determinato se sia meglio essere colpiti in testa con una bottiglia di birra vuota o con una piena».
Il senso del premio è qualcosa che faccia prima ridere e poi riflettere, e per non fare una lista infinita di tutti i premi notevoli, ve ne segnalo uno solo, il mio preferito in assoluto, per poi rimandarvi a questo link se volete leggerli tutti.
Nel 1994, per l’economia, venne premiato Juan Pablo Dávila, cittadino cileno. Cosa fece? Creò un programma per vendere azioni mentre avevano un valore alto e comprarle se il valore era basso. Ma sbagliò un minuscolo pezzettino nella programmazione, e il computer cominciò a fare il contrario: vendeva azioni a poco e comprava a tanto. Quando se ne accorse, il brillante Dávila corse ai ripari vendendo tutto per recuperare un po’ dei soldi persi, facendo però scambi sempre più svantaggiosi. Da solo, è responsabile della diminuzione del Prodotto Nazionale Lordo del Cile dello 0,5%. Da allora, nella sua nazione è stato coniato il termine «davilar», che significa «incasinare le cose grandiosamente». Direi che un Ig Nobel lo meritava tutto.