La trilogia della vita di Pier Paolo Pasolini trae spunto da tre opere molto antiche: Le Mille e Una Notte, il Decameron, I racconti di Canterbury.
«Dite, innamorati, in nome di Dio: cosa deve fare un ragazzo quando l’amore diventa il padrone del suo cuore?» (dalla storia di Aziz e Aziza ne Il fiore delle Mille e Una Notte)
Mi piace moltissimo raccontare storie o scriverle. A volte sono inventate di sana pianta, altre sono totalmente reali, altre ancora sono una via di mezzo, storie ispirate alla vita reale. Raccontare storie è una delle attività più antiche dell’uomo. Forse anche la più antica.
La certezza è che tre differenti culture, agli albori delle loro letteratura, hanno partorito tre opere letterarie che parlano di qualcuno che racconta storie. E dicono che queste storie possono salvare la vita, o quanto meno l’anima. Queste opere letterarie sono il Decameron di Giovanni Boccaccio per l’Italia, I racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer per l’Inghilterra, Le Mille e Una Notte per il Medioriente.
La struttura di questi libri è molto simile. Nel Decameron, un gruppo di giovani uomini e donne si rifugiano in campagna per sfuggire alla peste, mentre per tenere alto il morale decidono di raccontarsi storie l’un l’altro. Tenere alto il morale raccontando storie è anche la molla de I racconti di Canterbury, nel quale un gruppo di pellegrini si ritrova insieme sulla via verso la tomba di san Tommaso Moro. Infine ne Le Mille e Una Notte, il re Shāhriyār, animato da una certa misoginia, decide di sposare a turno le donne del suo Paese, finché non incappa in Shahrazād, che la prima notte di nozze gli racconta una storia, interrompendola sul più bello, appena prima dell’alba, per poi riprendere il giorno dopo. Shahrazād continua così per mille e una notte, finché il re, invaghito dalla narrazione e dalla narratrice, non lascia perdere i suoi intenti di morte.
In altre parole, le storie sono, in questi tre libri, la strada verso la salvezza, materiale o spirituale che sia. Il nesso tra le tre opere è stato scorto praticamente da sempre, ma è merito di Pier Paolo Pasolini l’aver trasformato il tutto nella trilogia della vita, traendo dei film omonimi (o quasi, fa eccezione Il fiore delle Mille e Una Notte) da queste opere.
I film di Pasolini sono una vera e propria festa, anche qualora raccontino una vicenda tragica. Prendiamo Il fiore delle Mille e una Notte, le tristissime storie di Aziz e Aziza e del genio di fuoco (che poi è Franco Citti) appaiono essere funzionali a una narrazione più ampia che inneggia alla gioia e alla redenzione. In altre parole, l’artista ha preso spunto dai tre libri per creare tre film che li ripercorrono solo a livello ideale, celebrando le opere originali all’ennesima potenza.
Io credo che quest’attitudine umana alla narrazione sia giunta fino a noi. Quotidianamente scriviamo sui nostri blog, sui nostri canali social. E raccontiamo storie: vere, inventate, metà e metà. Certo, non hanno la stessa valenza letteraria delle opere succitate, ma è il nostro modo di lasciare una traccia, di diventare eterni attraverso le parole che pronunciamo oppure che scriviamo.
(Per la foto in evidenza, abbiamo scelto qualcosa che ricordasse Lisabetta da Messina, anche perché per Andreuccio da Perugia non ci sembrava l’ora).