Un piccolo excursus tra le migliaia di sigle dei cartoni animati dagli anni ‘70 in poi. L’arte della sigla dei cartoni animati richiamava al tempo i grandi nomi.

di Paolo Merenda

Probabilmente i più giovani non conosceranno nomi come Nico Fidenco, Edoardo Vianello (Edoardo, non Raimondo di Casa Vianello con Sandra Mondaini), Vince Tempera, Wilma Goich e altri. D’altronde, ho incontrato una (storia vera) poco meno che ventenne, la quale ignora chi siano i Bon Jovi, quindi, giovanotti, potete confessare di non conoscere Fidenco, Goich e soci, non mi offendo. Che, per dire, eh, nemmeno io sono così vecchio da averli seguiti nei primi passi delle loro carriere, ma dai miei genitori ho appreso un sacco di musica tra cui quella di questi nomi qui, e fidatevi se vi dico che prima erano nomi grossi.

Tutti coloro che ho nominato (tranne i Bon Jovi) hanno lavorato al magico mondo delle sigle dei cartoni animati in Italia, dalla fine degli anni ‘70 in poi. Partiamo ad esempio da uno dei più grandi, Nico Fidenco: autore della hit Legata ad un granello di sabbia nel 1961 e di molte altre, è stato a Sanremo in duetto con Cher nel 1967 con il pezzo Ma piano (per non svegliarmi). Quando la mania dei cartoni animati, gli anime giapponesi, è giunta in Italia ha firmato canzoni del calibro di Sam il ragazzo del west, I nove supermagnifici, Don Chuck castoro e soprattutto Bem, che per vendite del vinile 45 giri ha settato un record difficilmente raggiungibile. Sam il ragazzo del west, ad esempio, è una miscela musicale e vocale che ha pochi eguali non solo tra le sigle di oggi, ma anche tra quelle dell’epoca. All’inizio fu pensata per un film western, quindi ha ben poco di “canzoncina per bambini”.

E se due grandissimi nomi della musica anni ’60, autori di brani simbolo di una generazione, come Edoardo Vianello (Abbronzatissima) e Wilma Goich (Guarda come dondolo) hanno fuso la forza per creare la sigla di Cybernella, un altro nome, giunto meglio fino a noi, è al centro di una leggenda metropolitana. Chi canta la sigla di Jeeg Robot, Piero Pelù? Come ha affermato lui stesso, «Ma vi pare che se avessi cantato Jeeg Robot non l’avrei fatto sapere?» Eppure per lungo tempo il vero artista, Fogus (nome d’arte di Roberto Fogu) è stato confuso per il frontman dei Litfiba. Piccola curiosità: Ryu il ragazzo delle caverne è la sola altra sigla, oltre a Jeeg Robot, realizzata da Fogus. Chissà cos’avrebbe realizzato dandosi al 100% a questo settore, dopo un pezzo rock che ha formato migliaia di ragazzini dell’epoca.

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Passando ad altro, sapete perché Goldrake, conosciuto anche come Ufo Robot, uno dei robottoni più famosi dell’epoca, nella versione italiana si chiama Atlas Ufo Robot? Perché quando venne studiato l’acquisto da una brochure francese, venne ricopiato l’intero nome, «Atlas Ufo Robot», che in realtà significava «La guida su Ufo Robot». Va be’, per fortuna l’errore è stato sopperito in maniera egregia dal collettivo Actarus, che si è occupato delle musiche. Ecco chi si nasconde dietro il collettivo: Vince Tempera alle tastiere e altri musicisti che calcavano i palchi di tutt’Italia e non solo. Tra i coristi, ad esempio, si potevano permettere il lusso di tenere un giovane Fabio Concato. Dallo stesso collettivo Actarus è nata un’altra sigla storica, Capitan Harlock.

E che dire degli Oliver Onions, autori di colonne sonore per film? Tra gli altri, il pezzo principale di Bomber, film con Bud Spencer, Jerry Calà e un giovane Nando Paone (che si può rivedere in Benvenuti al Sud), è stato ripreso e con lo stesso jingle hanno dato vita alla sigla di Galaxy Express 999, cartone animato caro a chi ha vissuto quell’epoca.

E ora arriviamo ai Superobots e I cavalieri del re. Il primo gruppo ha all’attivo Il grande Mazinga, Supercar Gattiger, Daltanious, Starzinger, e Gordian tra gli altri pezzi, con la voce dall’accento inglese di Douglas Meakin, il cantante, tra i marchi di fabbrica. La faida di migliori compositori delle sigle dei cartoni degli anni ’80 (in cui hanno vinto entrambi data la qualità musicale, va detto) era tra loro e I cavalieri del re, che hanno risposto con Lady Oscar, L’Uomo Tigre, Kimba il leone bianco, Yattaman e Gigi la trottola, sempre per fare solo qualche esempio. Ma di Lady Oscar c’è una versione successiva, creata dalla cantante per eccellenza dei cartoni animati. Parliamo ovviamente di Cristina D’Avena, che non solo fu l’autrice della nuova versione appunto di Lady Oscar ma, senza fare torto agli amanti degli altri personaggi (penso ad esempio al verde dinosauro Denver), ha cantato anche altri successi come Sailor Moon, Pollon (questa, scritta da Piero Cassano dei Matia Bazar, giusto per aggiungere una stella in più), Mila e Shiro, I puffi, Memole dolce Memole e Occhi di gatto. All’epoca impazzava Fivelandia, «le sigle dei tuoi amici in tv», serie di album in cui, ogni anno, venivano lanciate insieme le sigle di Cristina D’Avena. L’ho vista qualche tempo fa in concerto e vi assicuro che è come rituffarsi negli anni ‘80, la magia è inalterata. Anzi, secondo me qualcosa di magico c’è davvero: la Cristina nazionale non sembra invecchiata di un giorno. Qui è con i Gem Boy, con cui ha formato un osannato sodalizio artistico che va avanti da anni.

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Andando su nomi più “recenti”, la prima sigla di Dragon Ball, la più famosa, è stata realizzata e cantata da Giorgio Vanni. Non è certo l’ultimo arrivato, dato che vanta collaborazioni con Mango, Miguel Bosé, Cristiano De André e molti altri, fin appunto dagli anni ‘80. Di recente si stanno facendo spazio anche i Raggi Fotonici, trio che ha lavorato su brand come Peppa Pig e la colonna sonora del film L’ape Maia, oltre ad aver realizzato Guru Guru il girotondo della magia e Lo straordinario mondo di Gumball.

Ma cosa è cambiato, poche eccezioni a parte come i Raggi fotonici? Intanto il genere musicale, che dal rock deciso è passato a un ritmo dance. Poi si è persa forse la voglia di osare: uno dei commenti più diffusi sugli artisti che firmavano le sigle degli anni ‘80 era che non volevano diventare ricchi, ma eroi. Allora via a sperimentazioni e canzoni come quella di Ken il Guerriero, splendida per musica e testo ma che adesso non verrebbe probabilmente più fatta allo stesso modo. Perle del genere sono state figlie di un tempo ben specifico: come dico talvolta, ogni cosa esiste nel solo momento in cui può esistere. Ecco, il momento per le grandi sigle era quello, adesso tranne sparute eccezioni si è persa la voglia di osare, o forse sono anche aumentati i paletti di chi commissiona il lavoro, e ci si è uniformati a una dance leggera per bimbi, a volte addirittura alla Baby Shark.

Probabilmente non verrebbero nemmeno più chiamati i grandi nomi, ma resterà nel ricordo, tra le altre, una sigla di Lupin, conosciuta come Lupin – Fisarmonica del 1982, dallo strumento che apre il pezzo. A metà tra un liscio dall’aria folk e un valzer, è dell’orchestra Castellina-Pasi, con Irene Vioni come vocalist. Una cosa del genere potrebbe forse non funzionare nel 2021, ma intanto esiste e possiamo godercela.