The Wedding Party è uno dei tantissimi film sullo stereotipo delle amiche cattive.
Amiche cattive, ma non così tanto. In pratica, Rose McGowan negli anni ’90 era un altro paio di maniche. E Shannen Doherty negli ’80 non era da meno. Però, ecco, lo stereotipo è duro a morire: possono mai delle donne essere delle vere amiche? Si tratta del tema portante di questa commedia scurrile e demenziale, The Wedding Party, in cui quattro ragazze amiche dai tempi del liceo non si risparmieranno trame e figuracce, le une per le altre (con un’eccezione), salvo poi dichiararsi il bene che si vogliano.
Il tema delle amiche cattive è in effetti abusato in quel di Hollywood, forse perché è un po’ come sparare sulla Croce Rossa: ci sarà un pubblico di interesse, si riderà degli stereotipi ma li si troverà anche molto rassicuranti. Forse questo tipo di commedie non hanno più molto da dirci, soprattutto dopo il #MeToo e una nuova consapevolezza femminista, tuttavia si lasciano guardare con piacere, proprio perché si sa dove andranno a parare. E anche se ci si addormenta di fronte allo schermo, in cuor nostro conosciamo già ampiamente il finale.
La storia è quella di Becky (Rebel Wilson), obesa fin dall’adolescenza, che sta per sposare un ragazzo bello, ricco e che la ama. Per il suo matrimonio, chiede l’aiuto alla sua amica del cuore del liceo, Reagan (Kirsten Dunst), che in realtà non prende bene la notizia delle nozze: Reagan non può tollerare che Becky possa raggiungere un tale traguardo prima di lei, che si è sforzata tutta la vita di essere bella incorrendo in un disturbo alimentare. Al matrimonio accorrono anche Katie (Isla Fisher), commessa in un grande magazzino a digiuno di educazione sentimentale, e Gena (Lizzy Caplan) che pur essendo adulta è ancora alle prese con il rancore verso se stessa per essere rimasta incinta e aver abortito senza il supporto del suo ex. Ex che tra l’altro è presente alle nozze, così come tanti altri personaggi, i quali daranno vita a un vero e proprio carosello di situazioni paradossali e di rotture, in particolare tra Becky e le sue amiche, le B-Sides, che forse non le vogliono bene come credono. Nel cast anche Adam Scott, James Marsden, Andrew Rannels e Ann Dowd. Quest’ultima interpreta la mamma di Becky e quasi quasi è più dolce come Zia Lydia in The Handmaid’s Tale.
Dalla sua uscita nel 2012 avrò visto questo film centinaia di volte. Lo trovo divertente e al tempo stesso decisamente rassicurante. Forse perché non avendo mai avuto grandi amicizie femminili, mi piacerebbe viverne per una volta quell’ipocrisia che in realtà cela un bene profondo. Nell’universo delle damigelle d’onore statunitensi esiste tutto questo, magari solo nei film, ma sarebbe bello esserne parte per una volta.
Forse questa è una delle ultime commedie sul tema. La sensibilità nei confronti degli stereotipi di genere sta sottilmente cambiando, sta facendo dei passi da gigante. E in fondo è giusto così. Tra qualche anno The Wedding Party ci apparirà invecchiato malissimo e un po’ lo è già. Un grosso ruolo però lo giocano ancora il grande fascino delle quattro protagoniste, attrici che ognuna a modo proprio riesce a lasciare una propria impronta nella pellicola. Mi piacciono soprattutto Wilson e Fisher, che sono dotate di una spiccata verve comica qualunque cosa facciano: riuscirebbero a farmi ridere anche se leggessero un necrologio, il mio.
Una sola nota stonata. Ho visto questo film prima nella versione in lingua originale e integrale, per cui nella versione italiana mancano due scene che trovo importanti, tra cui l’enunciazione della teoria della vagina magica. Senza quelle scene, non si capiscono dei riferimenti successivi.