Ho sempre creduto che fare la spalla comica sia il mestiere più bello del mondo. Forse perché il mio mito è da sempre Cochi Ponzoni
C’è una profonda poesia nell’arte di Cochi Ponzoni. Quando ero piccola non riuscivo a capire che cosa fosse. Quando dicevo che, pur amando molto Renato Pozzetto, io preferissi Cochi, tutti mi rispondevano: «Ma Cochi è la spalla, Renato è il comico». (Come se anche la spalla non potesse essere comica).
In fondo era Cochi che adulava la bionda per come portava i capelli, era lui il maestro che diceva: «Bambini presenti, assenti, attenti!», era lui il poeta insieme al contadino. Ecco, insieme: è un concetto chiave per comprendere Cochi e Renato.
Certo, a un determinato punto della carriera, Renato Pozzetto ha deciso di votarsi completamente al cinema. E in un certo senso ha fatto benissimo: è stato un grandissimo interprete del cinema italiano, iconico e indimenticabile. Ma anche Cochi è stato talvolta accanto a lui sul grande schermo e insieme ci hanno regalato una coppia incredibile. In particolare, per me, in Io tigro, tu tigro, egli tigra, in cui interpretano il marito di una donna ricca e tirannica e un trasportatore di letame.
Fare la spalla comica non è un mestiere semplice. Cochi ci riusciva con una buona dose di imperturbabilità, con una capacità tutta sua di attirare l’attenzione dello spettatore e, con un ritmo ben preciso, servire l’assist a Renato. Perché è questo il mestiere delicato di una spalla. E che per me è comunque in primo piano. Perché io adoro sempre chi lavora nelle retrovie, ma lo fa con un ottimo spirito e con creatività. Ma è comunque fondamentale lavorare insieme, perché altrimenti diventerebbe pericoloso perdersi nella nebbia (da cui la nostra scelta per l’immagine in evidenza).