Continuiamo a parlare di Aldo Moro con i film che parlano di lui metaforicamente o, vicini in un certo senso alla realtà, alla vicenda del suo rapimento e omicidio.

La figura di Aldo Moro viene accarezzata in varie pellicole relativamente recente. Da Romanzo di una strage (in cui è interpretato da Fabrizio Gifuni) a Romanzo Criminale e Il Divo, in cui viene nominato ma lo si vede solo nel primo caso in filmati di repertorio. Ci sono però delle pellicole in cui la figura dello statista è maggiormente centrale: ecco quali sono.

Todo Modo
È l’ultimo che ho visto, e l’ho visto per la prima volta di recente. È di Elio Petri ed è basato sull’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia. Moro non viene nominato specificamente, la sua è una figura metaforica: Sciascia creò una sorta di parodia di Moro, che nel film viene interpretato da Gian Maria Volontè (che poi interpretò il “vero” statista ne Il Caso Moro). La pellicola è una satira feroce su una sorta di “ritiro spirituale” della Democrazia Cristiana, che culmina in una bizzarra mattanza, sullo sfondo di una terribile epidemia (ma mai terribile come quella che stiamo vivendo). Nel cast, oltre a Volontè, Mariangela Melato, Marcello Mastroianni e Franco Citti. È innegabilmente uno dei capolavori del cinema italiano che fu, basato su un capolavoro della letteratura italiana che fu.

Il Caso Moro
È di Giuseppe Ferrara ed è stato il primo film sul tema. È da vedere perché ripercorre abbastanza fedelmente la ricostruzione del sequestro e dell’omicidio Moro. Quindi magari se si conosce molto poco di quei terribili 55 giorni, perché magari si è molto giovani, prima di iniziare a leggere dei libri, può essere un punto di partenza da cui iniziare ad apprendere e capire (ma è solo l’eventuale punto di partenza, eh, resta sempre un film, e di molti anni fa, non dimenticatelo).

Buongiorno, notte
È il mio preferito sul tema. È di Marco Bellocchio ed è interpretato da attori fantastici come Maya Sansa, Roberto Herlitzka e Luigi Lo Cascio. Il sequestro e l’omicidio Moro, nella narrazione, sono filtrati da una sorta di sentimento poetico: la sceneggiatura si abbandona al gioco del what if e lo spettatore sogna. E se Aldo Moro fosse stato liberato dalle Brigate Rosse? È un interrogativo quanto meno stimolante, a mio avviso, e sicuramente apre a uno scenario commovente. Scorgiamo, oltre al lato umano di Moro, del quale si è parlato a lungo in questi decenni, anche di quello dei suoi aguzzini (alcuni dei quali, sebbene una minoranza, si scoprì nella realtà fossero in effetti contrari a uccidere lo statista e orientati a lasciarlo libero). Purtroppo la storia è andata a finire come ben sappiamo in tragedia, ma quando si guarda questo film non si può fare a meno di sentire una grande commozione.

Piazza delle Cinque Lune
È sicuramente quello che mi è piaciuto di meno. Si tratta di una storia immaginaria che ha a che fare con un magistrato alla soglia della pensione, che riceve delle testimonianze misteriose sul Caso Moro. Personalmente l’ho trovato un po’ noioso, ma magari sarà un mio limite. Il protagonista è Donald Sutherland e io di solito lo vedo meglio come villain.

L’anno del terrore
È di John Frankenheimer e ve ne ho già parlato, perché, benché sia decisamente fantasioso, l’ho sempre trovato interessante, fin da bambina. È la storia di un giornalista americano che giunge in Italia dove si ricongiunge con la propria compagna: sono gli Anni di Piombo e quindi terrorismo, bombe e Brigate Rosse monopolizzano i telegiornali. Ma il giornalista resta invischiato suo malgrado con le Br, dopo aver ipotizzato, nel proprio romanzo, il rapimento di Aldo Moro. Non pregevole certo, ma accattivante.

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