Non solo l’ennesimo film tratto da un musical teatrale: The Rocky Horror Picture Show è stato un film all’avanguardia per l’epoca in quanto a tematiche.

Negli anni ’70, i film a tematica Lgbt erano confinati a una nicchia spesso molto ridotta, come The Deuce ci ha insegnato. Ma le cose hanno iniziato a cambiare radicalmente e piuttosto in fretta con The Rocky Horror Picture Show che, reduce dal successo teatrale, vide nel cast una serie di astri nascenti del cinema e della musica, tra cui Tim Curry, Susan Sarandon e Meatloaf.

La storia, immagino, la conosciate tutti. Una coppia di giovani morigerati si perde in un giorno di pioggia dopo il matrimonio di due amici. Finiscono in un castello in cui si tiene uno speciale convegno presieduto dal dottor Frank-n-Further, un alieno che proviene da Transexual, Transylvania. È bellissimo, sexy e intelligente: infatti riesce a creare dal nulla un uomo, anzi l’uomo, l’amante perfetto, Rocky che dà il titolo all’opera. Ma non ha fatto i conti con una serie di dinamiche, tra cui i nuovi ospiti, i suoi subdoli domestici e Eddie, ex ragazzo delle consegne, che spunta dal nulla per cantare uno dei brani che preferisco di questo musical.

Annunci

Le tematiche trattate da The Rocky Horror Picture Show, diretto da Jim Sharman con musiche di Richard O’Brien, che tra l’altro interpreta il servitore Riff Raff (e i due sono inoltre co-sceneggiatori), vanno lungo tre direttrici principali. La prima: chiaramente il film parla della sessualità umana in tutte le sue sfumature. Ogni personaggio segue una propria evoluzione fino a una nuova consapevolezza, perfino lo stesso Rocky che appare dotato di un enorme stupore del mondo ma anche di incapacità a reagire. La pellicola, che tra l’altro è incredibilmente divertente, è un inno alla musica: i brani che vi sono contenuti sono al tempo stesso allegri e rock, e questo è assolutamente un film da ascoltare (e da ballare) a tutto volume (tanto più che contiene le “istruzioni” sui passi, o meglio sul Time Warp). La terza tematica è quella della solitudine che pervade fino alla fine Frank-n-Further, che da genio e da alieno non riesce a trovare un suo posto in questo strano mondo, neppure quando si fonde insieme agli altri personaggi in una sensualissima nuotata in piscina.

The Rocky Horror Picture Show non è ovviamente un film con il lieto fine, benché durante questo poco più che un’ora e mezza si rida e anche tanto. Ma c’è anche molto altro: c’è la violenza fisica e dei colori, c’è l’ambiguità che non viene dal sesso ma dall’inganno di chi invece pensa che l’astinenza sia legata a una condotta morale. Lo spettatore non può fare a meno di parteggiare per Frank-n-Further. La sua voce risuona e ruggisce. Anche se le sue azioni possono apparire a volte malvagie, non lo sono in realtà: il nostro mondo è per lui un grande esperimento, e non riesce a comprendere oltre. Quello di Frank-n-Further è un sogno guidato dal suo personale divertimento, ma dietro la sua maschera c’è un clown triste che nulla ha a che fare con quello che Tim Curry interpreterà poi più in là lungo la sua carriera.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: