La tecnica della pittura con acquerello è più difficile di quanto possa sembrare a una prima impressione: ce lo spiega Egidio Marullo, pittore e musicista.

di Paolo Merenda

Egidio Marullo è un artista molto eclettico: musicista, pittore e docente di arte, immagine e storia dell’arte, collabora con la rivista internazionale di critica dei linguaggi di ricerca Utsanga ed è artwork creator dell’etichetta discografica Lizard Records di Treviso, tra le altre cose. È possibile seguirlo sul sito personale oltre che sul profilo Instagram e gli altri social.

Quello che ci ha colpito del suo mondo sono i dipinti fatti con la tecnica dell’acquerello, che ha già mostrato in diverse mostre e pubblicazioni del tutto peculiari, come Primo Canto alla Macchia, con Valerio Daniele che ha firmato le musiche di un cd allegato al quaderno d’artista di Marullo. Il pittore pugliese ha esposto, ad esempio, a Maglie nel dicembre del 2018, ma anche in altri luoghi. E se a una prima occhiata la tecnica dell’acquerello sembra essere alla portata di tutti (ma così non è, come ci spiega lui stesso), Egidio Marullo la sublima all’ennesima potenza.

Marullo, molti di quelli che si avvicinano al mondo della pittura scelgono l’acquerello. È giusto o si tratta di una tecnica insidiosa?

«Per la facilità e la velocità di utilizzo, che prevede solo l’uso di acqua e poche altre cose, l’acquerello può sembrare una tecnica semplice rispetto alle tempere, al mosaico o ad altri. Ma posso dire per esperienza che è l’esatto contrario, innanzitutto per l’utilizzo proprio della cosiddetta semplice acqua. Gestire un pennello che è al contempo un contenitore d’acqua è complesso e bisogna essere esperti, altrimenti il liquido va dove vuole e bisogna buttare tutto, dato che non ci sono possibilità per apportare correzioni. Basti pensare alla Monna Lisa che Leonardo Da Vinci ha ritoccato per lungo tempo, visto che l’olio su tavola permette di realizzare diversi strati e aggiungere diverse velature con facilità. Per i neofiti l’acquerello è un mito da sfatare, consiglio piuttosto le tempere. Una difficoltà su tutte: non esiste il colore bianco per creare i punti luce, nel progetto iniziale bisogna definirli con precisione massima lasciando gli spazi vuoti. I quadri con l’acquerello che sembrano estemporanei in realtà vengono creati a valle di un lungo studio.»

Sei attivo in molti settori, principalmente pittura e musica. Per te è difficile conciliare i due campi?

«Al mio insegnante in accademia una volta chiesi il permesso di assentarmi per una tournée a cui al tempo tenevo molto. Nell’accordarmi il permesso aggiunse che era arrivato il momento di scegliere tra musica e pittura. Rimasi sorpreso, perché ai miei occhi sono complementari, anzi una sola. Tutto il movimento d’avanguardia, dal futurismo al dadaismo, hanno la musica come partner. Poi c’è il cinema che vive sulla suggestione del tempo, infatti nell’ultimo periodo mi sto dedicando moltissimo alla poesia cinematica, ovvero realizzare dei disegni, riprenderli in un montaggio cinematografico e produrre delle suggestioni visive. Funziona come la pittura ma inizia e finisce come musica. Ad esempio, in questi giorni sono al lavoro su un progetto con Francesco Massaro, un musicista jazz molto quotato, con cui ho vinto la possibilità di realizzare uno spettacolo per un format misto tra musica sperimentale, classica, contemporanea, e le mie opere cinematiche.»

Annunci

Cosa è più difficile realizzare per te, le pubblicazioni con pittura e musica oppure occuparti di una mostra e realizzarla al meglio?

«Primo Canto alla Macchia, il quaderno a metà tra pittura e musica, è stato oneroso soprattutto per la gestione dei lavori in tempo reale, mi ha preso abbastanza, ma pur presentando difficoltà è un lavoro al quale sono comunque avvezzo. Quindi ero nella mia comfort zone. Invece le mostre, come Germinale alla galleria Capece a fine 2018 mi ha messo molto alla prova dal punto di vista fisico, nonostante un approccio più classico e tecnico. Sono cose che mi hanno dato degli stimoli nuovi e mi hanno impegnato tanto, perché le mostre mi mettono un po’ di ansia in più, non ci sono abituato. Infatti credo che appendere quadri alla parete sia un po’ sterile oggi, agisco in ambiti in cui la musica renda la dimensione più dinamica e favorisca lo scambio, come è accaduto nel caso della personale a Maglie.»

Dal punto di vista artistico, come hai affrontato l’inizio della pandemia di un anno fa e come la vivi adesso?

«Questo periodo di fermo forzato e forzoso potrebbe produrre sia effetti negativi che positivi, il compito dell’artista è aver a che fare con periodi particolari e sfruttarli al meglio. Molti conoscenti stanno vivendo un momento difficile dal punto di vista economico, la mia solidarietà va assolutamente agli amici che vivono di arte e musica e sono fermi. Ma a parte questa doverosa precisazione, essendo anche professore l’emergenza sanitaria non mi ha bloccato del tutto, anzi all’inizio è stato molto stimolante, non avevo la fretta degli eventi che incombevano. Ho avuto modo di fermarmi, riflettere, studiare, perché c’è sempre molto studio dietro un’opera visiva. Quindi la prima parte della pandemia mi ha fatto piacere, ho ascoltato il silenzio, è stata fonte di ispirazione, anche il tornare ad ascoltare i suoni della natura, che mi hanno appassionato. Dopo un anno, invece, si acuisce un aspetto negativo: sento di aver bisogno di uscire, confrontarmi con il pubblico, anche se in realtà non ci siamo mai fermati. Infatti il progetto con Francesco Massaro di cui ho parlato prima è la registrazione di un disco dal vivo, unito a una mia performance artistica. Se non cambia nulla, abbiamo già il 17 e il 18 aprile fissati, e una location, il castello di Corigliano d’Otranto, che ci attende. Sarà possibile seguire l’evento in streaming, in quanto non è previsto pubblico per le norme anti-Covid. Vedremo cosa succede.»

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: