Il regista E. B. Clucher, con Lo chiamavano Trinità, ha creato un genere cinematografico. Oltre all’inossidabile coppia Terence Hill-Bud Spencer.
di Paolo Merenda
La magia del cinema, l’ho scritto altre volte su questo sito, colpisce tutti i film che restano nell’immaginario collettivo. Lo chiamavano Trinità, del regista E. B. Clucher (pseudonimo di Enzo Barboni, che come molti negli anni ’70 americanizzava il nome per essere più internescional, ovvero più spendibile sul mercato internazionale), dimostra di essere magico per il fatto che, più di mezzo secolo dopo, è ancora ricordato non solo dai fan ma anche dagli addetti ai lavori, tra cui nomi di primo livello. Un po’ meno nella memoria resta il secondo capitolo, …continuavano a chiamarlo Trinità, del 1971, per non parlare del terzo capitolo (sì, è una trilogia, firmata in toto da E. B. Clucher), Trinità & Bambino… e adesso tocca a noi!, del 1995, in cui nemmeno ci sono i due maestri delle scazzottate. Ma è bastato quel primo lavoro per cambiare il gioco e farlo insediare nella mente delle persone.
È il caso di Quentin Tarantino, che usa la celebre musica (a firma Franco Micalizzi, un altro che proprio dopo questa pellicola assurse all’olimpo dei creatori di colonne sonore) alla fine di Django Unchained, del 2012. Ma non è l’unico collegamento tra Lo chiamavano Trinità e la storia sullo schiavo liberato dalle catene, e autore di una vendetta la cui grandezza forse non è ancora stata colta appieno.
Infatti, c’è da dire una cosa importante, legata all’attore che doveva prestare il volto a Trinità, il pistolero dalle mani veloci come il vento, interpretate da un magistrale Terence Hill (vero nome Mario Girotti, a proposito di internescional, ma lo stesso vale per Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer). Guardatelo bene, gli occhi azzurri, il volto asciutto. Non vi ricorda un giovane Franco Nero? In effetti proprio Franco Nero doveva essere il protagonista appena si cominciò a parlare del progetto, nel 1967, ma al tempo era impegnato nelle riprese di Camelot, che uscì quell’anno. Quindi si optò per il semisconosciuto ma molto somigliante Mario Girotti, cui per l’occasione venne cambiato il nome in quello americano che non ha più lasciato. Solo un anno prima, nel 1966, Franco Nero aveva interpretato un ruolo in un altro lavoro cinematografico, Django. Lo stesso tipo di trama, con una vendetta dopo mille torti subiti, del “seguìto” (perché non è un séguito ma un seguìto), Django Unchained, in cui Franco Nero ha un piccolo ruolo che rompe la quarta parete (è l’unico a sapere che la “d” di Django è muta, avendolo detto lui stesso decenni prima).
Un filo rosso che lega Django, Django Unchained, Franco Nero, Quentin Tarantino, Lo chiamavano Trinità e Terence Hill. Una storia nella storia, forse ancor più affascinante.
Difficile descrivere la trama, con Trinità che incontra il fratello, Bambino (interpretato da Bud Spencer), a sua volta fuorilegge, ma per tutta una serie di motivi lo ritrova sceriffo in un villaggio, e insieme decidono di aiutare una popolazione oppressa dai cattivi. Ed è difficile perché, se non l’avete visto, vi sembrerà trita e ritrita, ma quel film, quella produzione, fece nascere un filone a sé stante. In poche parole, già i western americani avevano un’impronta unica in Italia (grazie a Sergio Leone ma non solo), con tanto di nome a parte, Spaghetti western. Ebbene, Lo chiamavano Trinità fece nascere i fagioli western, caratterizzati da scazzottate dall’alto tasso di divertimento al posto di sparatorie e duelli all’ultimo sangue, rigorosamente a mezzogiorno, sotto il sole.
Perché fagioli western? Nei primi minuti di Lo chiamavano Trinità Terence Hill mangia una padella che contiene una porzione considerevole di fagioli col sugo, tutta da solo. Lui stesso in un’intervista successiva dichiarò di averla mangiata davvero, ma si era preparato per la parte: aveva digiunato per le 36 ore precedenti.