Il film Eurovision Song Contest – La storia dei Fire Saga è candidato agli Oscar 2021 nella sezione miglior canzone per il brano Husavik.

Lo so, non molti si filano la sezione miglior canzone agli Oscar, a meno che tra i candidati non ci siano Lady Gaga o Elton John. Quest’anno tra i candidati c’è Husavik, con musica e testi di Savan Kotecha, Fat Max Gsus e Rickard Göransson e io tifo indubitabilmente per loro. Perché il film della cui colonna sonora la canzone fa parte, Eurovision Song Contest – La storia dei Fire Saga, è una pellicola leggera ma che parla con estrema ironia di cose importanti. E inoltre il brano è parte integrante della trama, il film senza di esso non sarebbe stato lo stesso.

Piccola premessa: Eurovision Song Contest – La storia dei Fire Saga è una storia ambientata tra Islanda e Scozia che parla della scalata verso un sogno dei Fire Saga, duo musicale trash formato sullo schermo da Rachel McAdams e Will Ferrell, nel ruolo rispettivamente di Sigrit e Lars. Fin da quando erano piccoli, la musica li ha aiutati in momenti difficili e hanno avuto un grande sogno: vincere l’Eurovision Song Contest, concorso canoro che si svolge in Europa (più o meno, ci sono anche Paesi extraeuropei che aderiscono grazie a un’affinità di politiche e intenti) una volta all’anno. Lars e Sigrit continuano a fare musica insieme tutta la vita, nonostante durante i loro concerti i loro compaesani vogliano ascoltare solo Jaja Ding Dong, una canzone popolare dai sottintesi sessuali (ding dong è un eufemismo per indicare il pene). 

I loro compaesani non credono in loro, a partire dal padre di Lars, un bellissimo sciupafemmine interpretato da Pierce Brosnan. Ma per una serie di casi e l’intervento degli elfi, cui Sigrit è devota, i Fire Saga riescono ad andare in semifinale agli Esc, anche se le loro sorti sentimentali e artistiche sembrano divise da Alexander Lemtov e Mita Xenakis, i loro colleghi-rivali di Russia e Grecia. 

È difficile definire questi artisti rivali: nel film trasuda tutta l’atmosfera di amicizia e coesione tipica dell’Esc, non a caso c’è una scena di “canto insieme” con veri ex vincitori del concorso, come Conchita Wurst e Netta Barzilai. Spoiler: i Fire Saga non vincono gli Esc, ma vincono qualcosa di più importante, il loro amore reciproco e fanno capire al mondo l’amore della loro terra, cantando un brano in Islandese in cui Sigrit riesce a toccare la “nota Bjork”, che si può raggiungere solo cantando con il cuore. E la canzone in questione è proprio Husavik.

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Nel film vengono toccate diverse questioni, anche di una certa importanza sociale. Da sempre, l’Esc è un concorso inclusivo, ed ecco che si fa strada ad esempio la storyline di Alexander Lemtov, il cui orientamento sessuale non può essere rivelato perché «non esistono gay in Russia” o «perché Madre Russia non vuole». È un modo leggero per ricordare al mondo quanto siano costrette a soffrire e quanto siano in pericolo le persone Lgbtqai* in Russia, non ha importanza quale ruolo rivestano nella società: anche un cantante famoso può rischiare la vita. Naturalmente c’è anche la storyline sentimentale, per cui nonostante Lars sia quello che è (e anche lui in verità abbastanza xenofobo poiché antiamericano), lo spettatore desidera un lieto fine per lui e Sigrit.

Chiunque abbia mai visto l’Esc e vi si sia appassionato, non può non provare lo stesso per il film Eurovision Song Contest – La storia dei Fire Saga. Al netto di abiti e balletti trash, l’Esc è quell’isola felice in cui ci rifugiamo una volta all’anno, andando al concerto delle semifinali e della finale, o vedendolo in televisione. E ha un significato particolare oggi: non sappiamo quando torneremo ad ascoltare un concerto dal vivo a causa della pandemia di coronavirus, ma teniamo botta e tifiamo per Husavik agli Oscar. Anche se poi, magari segretamente, non riusciamo a non canticchiare Jaja Ding Dong sotto la doccia.

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