Ogni grande libro dà vita a versioni diverse dall’originale. Tra i migliori, c’è la versione napoletana de Il piccolo principe, che viene riscritto pagina dopo pagina, parola dopo parola, da Roberto D’Ajello.

di Paolo Merenda

Il piccolo principe è un testo ormai assurto all’élite dei classici: da quando Antoine de Saint-Exupéry lo pubblicò nel 1943 (e per noi italiani, da quando arrivò tradotto nel 1949), il suo successo è stato un crescendo continuo. Merito delle chiavi di lettura, che non scopro certo io: la storia e i viaggi di un bambino che è un po’ tutti noi, anche e forse specialmente gli adulti, bambini di ieri ma che grazie a questo libro ricordano ancora cosa significhi esserlo, operando una magia unica.

Ma Il piccolo principe è anche altro, ovvero i numerosi omaggi. Come non parlare di ’O Princepe Piccerillo di Roberto D’Ajello? In giro fin dal 2000, quando venne dato alle stampe in un’edizione speciale a tiratura limitata, è stato ripreso nel 2015, quando il suo autore, Roberto D’Ajello, lo ha ripubblicato con Franco di Mauro editore. Tanti piccoli particolari lo arricchiscono: la cosa più eclatante e visibile sono gli acquerelli fra le pagine, quelli originali dello scrittore francese che ha inventato la storia. Ma non è solo quello: basta una pagina per intuirne la grandezza, quella con l’episodio del boa-cappello disegnato dal protagonista, in cui musicalità della lingua e bellezza della trama si fondono portando il lettore in un’altra dimensione.

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Il napoletano è questione difficile, per comprenderlo appieno non basta una vita, ma come molti altri dialetti italiani possiede un’intonazione e una leggiadria che lo rende musicale e prezioso. Non è una questione meramente campanilistica: il napoletano è lingua di musica e poesia. Conoscendo di più il napoletano per ovvie ragioni, il mio orecchio coglie meglio alcuni aspetti. O, come in questo caso, il mio occhio, mentre legge pagina dopo pagina. D’altronde, dopo che Totò e gli altri maestri hanno creato la strada, sarebbe sbagliato non continuare a percorrerla e magari ampliarla un po’. Roberto D’Ajello se ne è occupato appunto dando questo contributo alla causa.

Può essere una buona lettura per i nostri figli? Sì, anche se resto convinto che non sia stato creato precipuamente per loro, quanto piuttosto per gli adulti che vogliono rileggerlo. Il primo impatto sarebbe meglio averlo in italiano, ma la mente dei pargoli è più aperta di noi adulti, come diversi studi sociologici insegnano. Quindi ben venga la rottura degli schemi e la scoperta del magico mondo del piccolo principe fin da… piccoli, appunto.

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