Un lungo viaggio che parte nel 1967 e arriva al 2005. In mezzo, un record di premi vinti, un Oscar e molto altro. Questo è The Producers di Susan Stroman.

di Paolo Merenda

Come prendere in giro il nazismo, i luoghi comuni sugli omosessuali, miscelando il tutto per creare una storia valida sotto tutti i punti di vista. È il modo corretto per descrivere, in una sola frase, The Producers di Susan Stroman, che parla appunto di due produttori di uno spettacolo teatrale a tema nazista. La loro è una scelta ponderata per avere un flop assoluto, qualcosa di estremamente offensivo che susciterà l’indignazione e al tempo stesso qualcosa in grado di fargli guadagnare ancora più soldi in base a una truffa ben architettata.

Se vi interessa, il concetto è questo, altrimenti saltate al prossimo capoverso: per i flop non ci si preoccupa di vedere quali sono state le entrate, quindi i soldi rimanenti non vengono reclamati dal fisco per le tasse e gli investitori non possono essere liquidati. Diamine, è stato un flop. Ma fare un flop programmato, dopo aver però preso milioni e milioni di sponsor, lascia tutto il guadagno, cospicuo, ai produttori, senza che ci debbano pagare le tasse e liquidare gli investitori. Ora, non so se nel 2021 sia un sistema ancora valido o se lo sia mai stato, ma la base del film è questa.

Dunque, per il flop viene scelta una commedia, Primavera per Hitler, scritta dall’ex nazista Franz Liebkind (un istrionico Will Ferrell, che dimostra una volta in più le sue smisurate capacità). I due produttori, Max Bialystock (Nathan Lane) e Leo Bloom (Matthew Broderick) si fanno aiutare da una giovane svampita svedese per essere ancora più sicuri che sia nonsense, Ulla (Uma Thurman) e ingaggiano Roger DeBris (Gary Beach) come protagonista, che accetta a patto di rendere Adolf Hitler «più gaio».

Peccato che problemi grossi li attendano, perché la commedia diventa così surreale che ha un successo planetario, mentre Liebkind è sulle tracce dei produttori per ucciderli con una pistola che è un residuato bellico, in quanto non hanno onorato la memoria del Führer.

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La storia è davvero ben narrata, non a caso è stata creata in toto da Mel Brooks nel 1967. È di quell’anno, ma distribuito nel 1968, Per favore, non toccate le vecchiette (titolo originale, The Producers), con regia, soggetto e sceneggiatura di Brooks. Quest’ultimo vede il suo lavoro premiato nel 1969, quando la pellicola vince un Oscar per la migliore sceneggiatura originale. In pratica, vince il massimo premio all’esordio.

Ma vi ho promesso una storia ben più singolare legata al film del 2005, no? Difatti The Producers del 2005 non è semplicemente il remake di Per favore, non toccate le vecchiette del 1968. Accade che nel 2001 fa il suo esordio a Broadway il musical The Producers per la regia di Susan Stroman, ma con tutto il resto firmato da Brooks (che, giacché c’è, lo produce e realizza musiche e testi, giusto per esser sicuro di dare il suo contributo). Dopo 2502 repliche, un’enormità, e il record di 12 Tony Award vinti (i Tony Award stanno al teatro come gli Oscar stanno al cinema), “finalmente” si ferma a teatro… quindi lo stesso gruppo, con gran parte degli attori che resta lo stesso (e la graziosa aggiunta di Mel Brooks stesso che doppia uno degli ufficiali nazisti nella breve rappresentazione al teatro, oltre che un gatto e un piccione), ci fa il film del 2005. In pratica, quella del 20005 è una pellicola tratta da una pièce teatrale tratta da un’altra pellicola ancora, con una pioggia di premi e riconoscimenti.

A nota personale, aggiungo un’ultima cosa: i colori. I colori. Si vede che sono stati studiati per quattro anni a teatro: il film ha 16 anni ma a una prima vista sembra essere stato girato l’altro ieri. E non è un pregio da poco.

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