La storia della cornacchia del Canadà, che è al centro di una filastrocca ma anche di un’aria lirica.
«È bella bella bella la storiella del cacciatore che si mise a far l’amore con la cornacchia del Canadà. È bella bella bella, ragazzini venite qua! Che vi canto la storiella della cornacchia del Canadà.»
Mia madre canta a mio figlio questa filastrocca, che pure io conoscevo. Gliela cantava il nonno quando era bambina, così ho fatto un po’ una ricerca, anche perché spesso la mamma non si ricorda tutte le cose e non le ricorda nel modo corretto. E infatti ho trovato che c’è una strofa in più (sotto trovate la versione integrale, ce n’era anche una con un baritono lirico, ma non si può embeddare).
Ma, esattamente come per Pierino il porcospino, sto notando che queste filastrocche hanno in sé molto più di quello che appare. Cirillo curiosone, per esempio, insegna ai bimbi a dubitare dei pozzi – anche se un po’ di attenzione, pure nelle nostre città, non sarebbe male, per non ripetere la tragedia di Alfredino Rampi. Poi c’è la Ninna nanna del chicco di caffè, che è un classico dello Zecchino d’Oro e che spiega perché in realtà la mamma deve ricevere il giusto riconoscimento per quello che fa. E poi c’è La cornacchia del Canadà che racconta di un femminicidio.
Giuro che non esagero. In pratica, gli elementi della violenza di genere ci sono tutti, anche l’istigazione a dare la colpa alla vittima. La storia: c’è un corvo innamorato di una cornacchia, che però se ne frega, dato che è innamorata di un cacciatore che si chiama Cecchino. Ora: nella valenza del nome «Cecchino» c’è tutto quel mondo di anime che scommetterebbero che la cornacchia se l’è andata a cercare. Mettersi con un cacciatore, con quel tale nomen omen! Non solo: Cecchino e la cornacchia si dovevano sposare, ma Cecchino scambia la cornacchia per il corvo e le spara. Esattamente, perché un cacciatore, che non sia in vena di far sfoggio di presunta virilità, dovrebbe uccidere qualcosa che non si mangia, come un corvo? Ecco, vi siete risposti. Nell’ultima strofa, quella che mia mamma non conosce, il corvo, disperato dalla morte della cornacchia, si suicida sotto gli occhi del cacciatore.
Una cosa un po’ macabra da raccontare ai bimbi, anche se be’, sembra risalire all’800, quindi non fa testo, perché le radici della fiaba in genere sono sempre abbastanza truculente.
Ogni volta che ascolto La cornacchia del Canadà mi pongo tutte quelle domande che si susseguono sulle pagine social dei principali giornali italiani dopo un femminicidio. Esiste, in questo caso, la violenza di genere? Lei non aveva avuto nessun sentore di quello che sarebbe potuto succedere? La mia risposta è sì, esiste la violenza di genere e no, siamo spesso ciechi di fronte a chi amiamo, accade nelle piccole cose e anche in questi gravi fatti che finiscono in cronaca nera. Non si può sottovalutare la specificità di questo tipo di delitto. Per questo non va chiamato delitto passionale, per questo non possiamo infilare tutto nel calderone dei delitti generici. Dobbiamo comprendere che qualcosa non funziona a livello culturale e lavorare su quello.
E magari far comprendere già ai bimbi che la cornacchia avrebbe dovuto lasciare Cecchino già da tempo e, non necessariamente mettersi con il corvo se non lo amava. E che non si può considerare qualcuno una propria proprietà, una cosa in balia degli eventi. Ognuna di noi ha una rosa di scelte in fondo, ma è soprattutto sulla cultura del maschio che si deve lavorare, per decostruirla completamente.